La utility guidata da Carlo Malacarne, Snam, ha emesso ieri due obbligazioni con scadenza 19 marzo 2018 e 19 settembre 2022. Si tratta, quindi, di bond di durata rispettiva per 5,5 e 10 anni. Il primo bond è stato offerto per 1,5 miliardi, mentre il secondo per un miliardo. Il collocamento rientrava nell’operazione di rifinanziamento di un prestito bancario-ponte per 9 miliardi, contratto per restituire a Eni 11 miliardi, visto che la società petrolifera è in uscita dal capitale della gran parte dei gasdotti italiani.
Insieme ai bond di luglio, Malacarne ha spiegato che la società è già a metà del funding totale e gli analisti non escludono nuove emissioni entro l’anno.
Il bond 2019 è stato offerto con cedola 3,875% e al prezzo di 99,62, per un rendimento complessivo del 3,95%, 285 punti in più del tasso midswap, che si attesta all’1,1%.
Il bond 2022 offriva cedola al 5,25% ed è stato emesso al prezzo di 99,444, per un rendimento complessivo del 5,30%, ossia superiore di 350 punti base sul midswap.
Ottima la domanda, pari a complessivi 12 miliardi. Il dato positivo è che i rendimenti sono risultati in calo, rispetto alle prime indicazioni, che volevano i tassi effettivi superiori di 300 bp sul midswap per la tranche a 5,5 anni e di 370 bp per quella a 10 anni.
Snam è stata in grado, invece, non solo di offrire rendimenti in calo su luglio, beneficiando dell’abbassamento dello spread BTp-Bund, ma allo stesso tempo si è potuta permettere anche un premio sui rendimenti offerti ieri sul secondario, che si attestavano intorno a 20-25 punti in meno del collocamento, per le scadenze analoghe.
I bond sono stati acquistati per il 30% dal Regno Unito, per il 20% dall’Italia (assicurazioni, in testa) e per il 15% da Francia e Germania, confermando il forte appeal di cui godono le nostre obbligazioni corporate e financial all’estero.
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