Se il risultato dell’asta dei BoT di due giorni fa aveva suscitato la speranza di una netta inversione di tendenza nel collocamento dei nostri titoli di stato, quella di ieri dei BTp a 3, 9 e 10 anni ha avuto un esito poco entusiasmante, per quanto positivo, rispetto alle omologhe aste precedenti.
I rendimenti sul decennale sono scesi dal 7,56% al 6,98%. Certamente, un buon risultato, ma si sperava in qualcosa in più. In particolare, non può soddisfare che i rendimenti siano ancora intorno al 7%, mantenendo così uno spread con le aste decennali tedeschi di 500 punti base.
Il calo più netto si è avuto sul triennale, con i BTp a scadenza 2014, che hanno esitato rendimenti del 5,62%, contro il 7,89% del precedente collocamento. Il comparto a 9 anni, quello cioè con scadenza 2021, ha registrato un rendimento del 6,7%, ma la domanda è stata scarsa, tanto che il Tesoro ha collocato solo 1,17 miliardi dei 2 miliardi massimi previsti, tenendosi cioè ai minimi della forchetta.
E un segnale che l’asta di ieri non è andata bene lo danno le cifre complessive: su 8,5 miliardi che il Tesoro mirava di collocare, solo 6,9 miliardi sono stati effettivamente piazzati, indice che il governo ha preferito rimandare a un momento migliore.
Lo spread non accenna minimamente a diminuire e si attesta quasi ai massimi in tempi di euro, ossia intorno ai 520 punti base sul decennale, rispetto al benchmark tedesco.
Collocati, infine, anche 803 milioni di CcTeu con scadenza aprile 2018 al 7,42%, in rialzo di circa 300 punti base dall’ultima asta di agosto, tuttavia, un termine di paragone poco significativo, essendo di quattro mesi fa.
La BCE è persino intervenuta ieri, dopo la comunicazione dell’esito dell’asta, acquistando importi di 5-10 milioni di euro sulla scadenza a dieci anni. Poca roba, ma che ha contribuito a fare scendere il differenziale dai 529 punti ai circa 520.