I dati resi noti dalla Consob evidenziano una fuga dei risparmiatori italiani dagli investimenti in azioni, obbligazioni e titoli di stato. In soli due anni e mezzo, tra il marzo 201o e settembre 2012, lo smobilizzo netto è stato pari a 715 miliardi di euro, oltre un terzo dei 2 mila miliardi circa, arrivando così a 1.269 miliardi (-36%). Un crollo, che ha coinvolto solo il canale retail, ossia il risparmiatore classico, mentre gli investitori istituzionali hanno incrementato gli investimenti del 5,9% a quota 1.901 miliardi. Tutto questo non potrebbe essere spiegato con la fuga da un mercato in crisi, perché gli effetti devastanti del tracollo finanziario del 2008 in Occidente si erano già dispiegati. E allora come interpretare quanto sta accadendo? Una spiegazioni potrebbe consistere nel fatto che molti italiani avrebbero necessità di liquidi, in seguito alla crisi che ha travolto i redditi da lavoro e da impresa. Il disinvestimento, quindi, quale fonte per ottenere quella liquidità che banche e assenza di lavoro non assicurano come prima.
D’altro canto, poi, gli scandali finanziari hanno accresciuto la paura degli italiani, che si sono rifugiati in buona parte verso prodotti più sicuri, come i conti depositi.
Analizzando i dati per ciascun comparto, scopriamo che: gli investimenti in azioni sono crollati del 63% da 279,6 a 101,5 miliardi; quelli in titoli di stato del 38,5% da 431,9 a 265,4 miliardi; quelli in obbligazioni bancarie del 37% da 759,7 a 478,7 miliardi; quelli in obbligazioni di società del 40% da 41,8 a 24,9 miliardi; azioni estere scese del 51% a 16,4 miliardi e i titoli di stato stranieri del 44% a 41,2 miliardi.
Si salvano solo i fondi comuni di investimento e le sicav, la cui raccolta è lievemente cresciuta nel periodo da 312,7 a 321,9 miliardi.