Il consiglio di amministrazione di MpS ha varato ieri l’aumento di capitale da tre miliardi di euro a maggioranza, confermando le voci della vigilia su una ricapitalizzazione maggiore dei 2,5 miliardi imposti dalla Commissione europea. Ma tra la banca e la Fondazione è scontro, con la prima che potrebbe votare contro l’aumento in assemblea dei soci, chiamata ad esprimersi alle prime date utili del 27, 28 e 30 dicembre, rispettivamente in prima, seconda e terza convocazione. L’Ente guidato da Alessandra Mansi avrebbe voluto più tempo per cedere parte del suo pacchetto azionario del 33,4%, in modo da ripagare il debito da 350 milioni di euro. Ma ieri il titolo MpS è sceso ancora di quasi il 6%, portandosi a 18 centesimi, non lontano dai 12 centesimi, sotto i quali le banche creditrici di Palazzo Sansedoni potranno escutere le azioni in possesso di quest’ultimo e oggi tenute in pegno. L’Ente le ha in carico a 24 centesimi.
A questo punto, si apre uno scontro durissimo tra il primo azionista di MpS e i vertici della banca. Lo stesso sindaco di Siena, il renziano Bruno Valentini, ha parlato di “colpo di stato interno”, di fatto schierandosi contro Alessandro Profumo e Fabrizio Viola e in favore della Fondazione.
Questa dovrà presto cedere almeno il 14-15% di MpS e successivamente non potrà partecipare all’aumento, lasciandosi diluire probabilmente anche sotto l’8%, stando ai prezzi attuali.
L’aumento avverrà entro il primo trimestre del 2014, con ogni probabilità nella prima finestra utile di fine gennaio, dopo avere ottenuto il via libera dell’assemblea dei soci e avendo inviato agli inizi di gennaio il prospetto alla Consob.