Il debutto di ieri della Fiat 500 L cade in uno dei momenti peggiori mai vissuti dal mercato dell’auto in Italia. I dati sulle vendite confermano lo stato di crisi della nostra economia, con il 2012 che dovrebbe riportare indietro con le lancette il nostro Paese al 1979, con sole 1,4 milioni di vetture vendute. Fiat 500 L rappresenta la speranza per la casa di Torino di puntare su un modello molto atteso e dal target molto ampio, essendo per caratteristiche adatto sia per le famiglie che per i single. Lunga 4,14 metri, appena 7 centimetri in più della Punto, ha 1.500 combinazioni utili per potere modificare le opzioni offerte a propria immagine.
Ma puntuale arriva la minaccia di Marchionne, ad Fiat, che tuona contro il sistema-Italia e parla di rischio chiusura per uno dei quattro stabilimenti nel Belpaese. I conti sono presto fatti. Il target di 2,8 milioni di auto vendute al 2014 si renderà raggiungibile solo grazie al mercato USA e al Messico, disponibile in seguito all’acquisizione della controllata Chrysler.
Tuttavia, avverte Marchionne, questa situazione non sarà più sostenibile. Se la crisi dovesse proseguire per altri 24-36 mesi, allora uno stabilimento in Italia si dovrà chiudere con questi livelli produttivi.
Il manager non risparmia una stoccata alle istituzioni italiane, non in grado di condividere obiettivi, mentre rileva che la produttività del mercato auto in Italia non è nemmeno comparabile a quella degli altri Paesi. Se l’Italia vuole introdurre un altro modello produttivo, spiega, faccia pure, ma ciò non potrà avvenire a spese di Fiat.
C’è anche una questione di prezzi, aggiunge Marchionne, che rende non conveniente la produzione della Punto, per quanto essi sono ormai bassi.
Non va giù poi al manager italo-canadese l’obbligo di assunzione di 145 lavoratori iscritti alla Fiom, imposta dai giudici, per riparare a una presunta discriminazione verso questa sigla sindacale. Il debutto della 500 L non poteva avvenire in un momenti peggiore.