Ieri, la clamorosa svolta nella vicenda Fondiaria Sai. Tutta la famiglia Ligresti è stata arrestata su ordinanza del gip di Torino. Oltre al padre Salvatore e i tre figli Jonella, Maria Giulia e Gioacchino Paolo, la custodia cautelare è stata applicata anche per i due ex amministratori delegati Emanuele Erbetta e Fausto Marchionni oltre che per il vice-presidente Antonio Talarico. Per tutti l’accusa è di falso in bilancio aggravato per grave nocumento al mercato e di manipolazione del mercato. Secondo la Procura di Torino, infatti, i Ligresti avrebbero provocato danni a 12 mila risparmiatori, con la complicità dei dirigenti da loro nominati.
In sostanza, emergerebbe dalle indagini che il bilancio 2010 ha riportato riserve sinistri per 615 milioni, senza tenere conto della necessità di integrarle per 600 milioni, come avrebbe rilevato qualche mese dopo l’ex Isvap. E negli ultimi anni, a causa della sottostima delle riserve, FonSai avrebbe distribuito utili fittizi alla controllante Premafin, cassaforte della famiglia Ligresti, quando avrebbe dovuto riportare perdite. In tutto, secondo i magistrati, i profitti di cui la famiglia si sarebbe appropriata indebitamente (controllando Premafin direttamente al 30%) ammonterebbero a 253 milioni di euro.
La vicenda giudiziaria non dovrebbe rallentare il percorso ad ostacoli che dovrebbe portare a breve alla fusione tra la ex galassia finanziaria dei Ligresti e Unipol Gruppo Finanziario. Già da mesi, infatti, Bologna aveva allontanato la famiglia Ligresti e i suoi amministratori dalla gestione delle società (Premafin, FonSai e Milano Assicurazioni), seppur in un primo momento aveva assicurato loro l’esclusione da qualsiasi azione di responsabilità (cosiddetta “manleva”). Successivamente, però, la Consob aveva avallato la fusione e l’esclusione dell’Opa obbligatoria su FonSai, a patto di eliminare la manleva dall’accordo, cosa che Bologna ha prontamente fatto.