Dopo una riunione di sei ore, il consiglio di amministrazione di Fondiaria Sai ha approvato il piano Unipol, che prevede la fusione non solo tra le due compagnie, ma anche con la holding Premafin e la controllata Milano Assicurazioni. Tuttavia, gli stessi consiglieri hanno comunicato che non sono d’accordo con le valutazioni di Unipol su concambio, come proposto dall’advisor Citigroup, chiedendo che si proceda a ulteriori incontri tra i vertici delle due compagnie, al fine di trovare un accordo.
Il problema resta il peso che ciascuna intende avere nel riassetto post-fusione. Unipol vorrebbe garantirsi una quota del 66,7% dell’intero gruppo, mentre FonSai ritiene che la compagnia bolognese dovrebbe attestarsi tra il 55 e il 60%.
Per questo, l’ad Emanuele Erbetta potrebbe già oggi incontrare i dirigenti di Bologna, anche perché ha ribadito che non esiste un piano alternativo e quello di Unipol sarebbe l’unico concreto. Una mossa che mette temporaneamente fuori gioco Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo, a capo rispettivamente di Sator e Palladio, che hanno lanciato già due mesi fa un’offerta vincolante fino al 30 aprile.
Ma la vicenda finanziaria si arricchisce delle inchieste giudiziarie in corso contro Salvatore Ligresti, patron della holding di controllo. Ieri, la Procura di Milano ha deciso il sequestro del 20% delle azioni dei due trust con sede nei paradisi fiscali, riconducibili ai Ligresti, ma la cui proprietà non era stata comunicata mai alla Consob.
Lo stesso Ligresti è indagato ora per aggiotaggio, accusato di avere utilizzato i fondi per fare acquisti di azioni Premafin e gonfiarne le quotazioni, in modo da spuntare un accordo migliore con le banche creditrici, che detengono titoli in pegno.
La stessa Consob ha poi deciso che Unipol debba essere considerato socio di un patto parasociale con gli azionisti di controllo delle società soggette alla fusione, poiché non ha esperito alcuna azione volta ad accertare le responsabilità di dirigenti e sindaci.
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