La Fondazione MpS ha smentito con forza le voci diffuse nei giorni scorsi, che vorrebbero che l’Ente stia trattando con altre fondazioni bancarie uno scambio azionario o “swap” relativamente al 20% della banca per lo 0,90% di Intesa Sanpaolo e lo 0,89% di Unicredit. Nonostante la smentita, alcune indiscrezioni riportano che nel corso delle trattative, la Fondazione avrebbe chiesto e ottenuto 15 centesimi per azione per il 20% di MpS, ma che sarebbe acquistato e non oggetto di scambio. L’incasso consentirebbe all’Ente di rimborsare buona parte del debito da 339,15 milioni e allo stesso tempo di partecipare in parte all’aumento del capitale, diluendosi dall’attuale 33,4% (intorno al 13,5% post-cessione) al 5% post-aumento.
Le fondazioni coinvolte nell’operazione sarebbero Cariverona, Cariplo e Compagnia Sanpaolo, ma parteciperebbero alla partita anche due o tre fondi italiani e stranieri, tutti disposti a spendere un altro mezzo miliardo per partecipare pro-quota all’aumento e attestarsi al 17% di MpS.
Tuttavia, lo scopo dell’acquisizione della quota non sarebbe la gestione del terzo istituto italiano, bensì la rivendita, quando presumibilmente il titolo sarà rimbalzato.
Grazie ai tre miliardi della ricapitalizzazione imposta da Bruxelles, MpS potrà rimborsare per lo stesso importo parte dei 4,07 miliardi di euro di Monti-bond sottoscritti all’inizio dell’anno (di cui 1,9 miliardi in sostituzione dei cosiddetti Tremonti-bond), ottenendo un risparmio considerevole sugli interessi, dato che la cedola annua prevista per questi strumenti finanziari è del 9% annuo, a salire di uno 0,5% in più ogni due anni dal 2014.
Se l’operazione della cessione dovesse andare in porto, l’assemblea di MpS di venerdì prossimo dovrebbe tenersi in un clima più disteso, visto che la Fondazione ha minacciato seriamente di non votare altrimenti l’aumento.