Alitalia potrebbe avere pochi giorni ancora di vita. La compagnia non ha quasi più liquidità, se si pensa che da sabato i suoi aerei potrebbero rimanere a terra, per assenza di carburante. L’ad Eni, Paolo Scaroni, ha avvertito un paio di giorni fa da New York che non le concederà più tempo, vantando crediti per diverse decine di milioni. E insieme a quelli di Adr fanno 120 milioni su 128 milioni complessivi di liquidità ancora in cassa. Per questo, avanza l’ipotesi di un intervento urgente del governo, forse anche tramite i cosiddetti Letta-bond, ossia una versione simile alle obbligazioni emesse da MpS e sottoscritte dal Tesoro sia nel 2009 che nel febbraio di quest’anno (Monti-bond). Essi avrebbero la forma di un prestito a lunga scadenza, ma staccando una cedola piuttosto onerosa in favore dello stato.
In alternativa, lo stato potrebbe entrare nel capitale di Alitalia, ma in questo caso dovrebbe assumersi il rischio connesso all’operazione e sobbarcarsi per la quota-parte anche il debito da 1,3 miliardi di euro.
Ecco, quindi, spuntare anche l’ipotesi sempre più concreta del fallimento, che potrebbe materializzarsi o con il concordato in continuità aziendale o con l’applicazione della legge Marzano, una sorta di Chapter 11 all’italiana.
Per evitare questo, servirebbe un aumento di capitale d 300 milioni, di cui la metà potrebbe essere sottoscritto dal Tesoro e l’altra metà dai soci attuali di Alitalia. In più, le banche dovrebbero concedere una linea di credito per 200 milioni, in modo da arrivare a quella cifra complessiva di mezzo miliardo, che consentirebbe ad Alitalia un piano minimo di rilancio aziendale.