I tecnici della Commissione Europea hanno proposto la chiusura della procedura d’infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo, aperta nel 2009, in quanto Roma aveva superato da quell’anno il rapporto massimo consentito tra deficit e pil del 3%. Nel 2012, invece, il deficit si è attestato al 3%, mentre quest’anno dovrebbe chiudere al 2,9% e nel 2014 dovrebbe registrarsi un’ulteriore discesa. Per questo, i funzionari europei ritengono che sia arrivato il momento di promuovere ufficialmente i conti pubblici italiani, quando al contrario la Francia rimane sorvegliata speciale, con il disavanzo atteso in crescita oltre il 4% del pil nel 2014. Una procedura scontata quella di ieri, anche se dopo le elezioni, per via sia del caos politico dell’esito delle urne, sia anche per i vari provvedimenti pro-crescita del governo Letta, il via libera di Bruxelles era diventato un pò meno certo.
In ogni caso, la Commissione non ha mollato il tiro su Roma: il pareggio strutturale dei conti pubblici (al netto del ciclo economico) deve essere mantenuto. Non sono consentite eccezioni, perché il nostro Paese ha un rapporto tra debito e pil che si avvia ad oltrepassare il 130%.
Ma non solo rigore. L’Europa ci continua a chiedere maggiore flessibilità del lavoro, per aumentare l’occupazione, specie giovanile, così come un decentramento della contrattazione più a livello aziendale. E ancora: le liberalizzazioni delle libere professioni e dei servizi, necessarie per fare crescere l’economia e stimolare la concorrenza in settori-chiave.
In generale, poi, Bruxelles non vede di buon occhio lo stop all’aumento dell’IVA, perché teme che la misura non sia compensata da una copertura finanziaria adeguata (vale circa 4,2 miliardi di euro nel 2014 e 2,1 miliardi già quest’anno), mentre ritiene che il carico fiscale debba essere spostato dal lavoro ai consumi.