Prende il via la cosiddetta “cooperazione rafforzata”, dopo che ieri 11 stati della UE, Italia inclusa, hanno firmato l’ok alla tassazione delle transazioni finanziarie. Si tratta di una tassa che sarà applicata con aliquota minima dello 0,1% sugli scambi di azioni e dello 0,01% su quelli di derivati. Resta libero ciascuno stato di applicare aliquota superiori. La Gran Bretagna si è tirata fuori, sebbene non potrà porre il veto. Tuttavia, per evitare il più possibile la fuga dei capitali, l’imposizione sarà solo sugli scambi effettuati con almeno un’istituzione finanziaria dei Paesi della cooperazione.
Insomma, Bruxelles tasserà sé stessa e restano fuori dall’imposizione economie forti, come Gran Bretagna, USA, Giappone. Non solo siamo dinnanzi a un’imposta che rischia di mettere in fuga svariati miliardi di investimenti finanziari, ma anche la stessa ragion d’essere dell’imposizione, stando ai proponenti, verrebbe meno. La speculazione, infatti, vi sarebbe esattamente come prima.
Quanto al gettito, le stime parlano di 57 miliardi di euro a livello globale, ma bisogna fare i conti con il probabile tonfo delle transazioni, che ha generato sempre entrate infime in tutti gli stati dove la Tobin Tax è stata ad oggi applicata: Svezia, Francia, Belgio, Austria.
Per questo, la tassazione delle transazioni finanziarie viene guardata con scetticismo da parte degli osservatori, perché essa funzionerebbe in termini di gettito fiscale e di affievolimento della speculazione solo nel caso in cui fosse applicata un pò in tutti gli stati del pianeta. Cosa che non sta avvenendo, com’è evidente in questa situazione.