E’ stata bocciata ieri in Svizzera con un referendum popolare la proposta di legge dei Giovani socialisti per porre un tetto agli stipendi dei manager. La proposta era nota come 1:12, cioè mirava a fissare una retribuzione per i manager delle società elvetiche non superiore di dodici volte quella dei dipendenti. Un mese retribuito al massimo quanto un anno di un lavoratore, era la logica della misura voluta dalle sinistre. Ma il 65,3% degli svizzeri ha detto di no, accettando l’invito del Parlamento di Berna, a maggioranza di centro-destra. I contrari alla proposta, infatti, temevano che una legge restrittiva sugli stipendi dei manager potesse danneggiare il lavoro in Svizzera e portare alcune imprese a stabilire la sede legale altrove, mentre si temevano anche ripercussioni negative anche sul gettito fiscale e, in particolare, su quello dei contributi previdenziali.
Sono state respinte altre due proposte, tra cui quella di aumentare da 40 a 100 franchi svizzeri all’anno la tassa per circolare sulle autostrade in Svizzera, così come quella di maggiori deduzioni fiscali per le famiglie che accudiscono direttamente i figli, rinunciando a un’attività lucrativa.
I proponenti del referendum sul tetto agli stipendi dei manager erano ottimisti, ritenendo che i cittadini dei 26 cantoni avessero accettato la proposta, similmente a quanto accadde lo scorso 3 marzo, quando quasi il 70% degli elettori approvò la proposta di legare gli stipendi dei manager all’approvazione dell’assemblea degli azionisti.
Sta di fatto che tutta Europa e non solo guardava alla Svizzera ieri e la conclusione è che non è passata nelle urne in Svizzera il populismo di chi ha cercato di proporre per legge salari equi. Tra qualche anno, poi, sempre gli svizzeri potrebbero essere chiamati ad esprimersi sull’introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza, con i proponenti che puntano a garantire 2 mila franchi svizzeri per ciascun cittadino, indipendentemente dal grado di ricchezza o dallo status occupazionale.