Male il mercato dei titoli di stato italiani, anche se la tendenza negativa riguarda tutta l’Europa, Germania inclusa. Ieri, l’asta del Tesoro per il collocamento di CTz e BTp legati all’inflazione dell’Eurozona non è andata granché bene, nel senso che il Tesoro è riuscito sì a piazzare tutti i 4,5 miliardi di euro previsti, ma a un costo nettamente superiore rispetto alle ultime aste omologhe. In particolare, i CTz sono stati collocati per 3,5 miliardi e con scadenza giugno 2015 al rendimento del 2,403% dall’1,29% dell’ultimo collocamento. Si tratta del dato più alto dal settembre 2012, cioè da quando l’Italia iniziava a uscire dalla fase più acuta della crisi finanziaria. Il rapporto di copertura è stato di 1,48. In seguito, un’altra asta del Tesoro ha piazzato un miliardo tra BTpEi settembre 2018 e BTpEi settembre 2026. Nel primo caso, il rendimento medio lordo si è attestato al 2,91% dall’1,84% del precedente collocamento. I titoli a tredici anni, invece, hanno esitato un rendimento del 3,75%. La domanda è stata rispettivamente di 2,32 e 2,46 volte superiore all’offerta.
Lo spread ne ha risentito e già viaggia oltre quota 300 punti base sulla scadenza decennale, laddove i titoli di stato italiani rendono più del 4,8%, l’1% in più di quanto erano arrivati a rendere un mese fa.
E in attesa dell’asta del Tesoro per i BoT di oggi, i titoli a un anno si attestano a un rendimento medio lordo dell’1,5% sul secondario, un livello doppio rispetto al collocamento di aprile, quando erano stati raggiunti i record minimi assoluti.
Un brutto colpo per lo stato, visto che entro la fine di giugno saranno collocati fino ad altri 14 miliardi, escludendo le aste di ieri. E con tassi così fortemente in ascesa, il costo di rifinanziamento del nostro debito diventerà più alto delle attese e sarà più difficile per il Tesoro allungare la vita media del nostro debito residuo.