Non si placano le polemiche per il ritiro dell’IPO di Sea, la società che gestisce gli scali aeroportuali di Malpensa e Linate. Se da un lato va in onda lo scontro diretto tra Comune di Milano e fondo F2i, rispettivamente soci al 54% e al 29,75%, dall’altro si registrano movimenti e polemiche all’interno di ciascuna compagine azionaria. Se a Palazzo Marino è oggetto delle accuse l’assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, considerato responsabile del fallimento del piano Sea, entro F2i non tutti avrebbero digerito il modo in cui l’ad Vito Gamberale ha inteso tutelare gli interessi del fondo, ossia con un attacco sfrontato e vistoso anche sui media e per cui si ipotizzano persino reati che potrebbero essere perseguiti dalla Procura di Milano, dopo che già ha aperto un’indagine a carico del fondo la Consob.
Tuttavia, Gamberale avrebbe ancora un asso nella manica. Forte del suo quasi 30%, acquisito forte a prezzi molto elevati un anno fa all’asta (385 milioni, per un valore complessivo di capitalizzazione di 1,3 miliardi), il manager punterebbe adesso ad acquisire il 14,56% in mano alla Provincia di Milano, che ha annunciato all’indomani dell’annullamento dell’IPO di volere mettere all’asta entro dicembre. Ipotesi che non piace al Comune, perché se si presentasse quale unico interessato F2i, questi salirebbe al 45% di Sea, avendo di fatto un potere di blocco o almeno paritario sulla vendita, rispetto a Palazzo Marino.
Al momento, lo scontro è diventato anche politico-istituzionale, perché il flop dell’IPO viene ricondotto al governo centrale. Tra i suoi azionisti, infatti, F2i ha proprio la Cdp, oltre al mondo bancario: Intesa, Unicredit, Merrill Lynch, Fondazione Cariplo, Fondazione Crt, Compagnia SanPaolo, Inarcassa e la cassa geometri, oltre ad altre cinque fondazioni.