Tanto è salito il prezzo del carburante, che alla fine sono crollati i consumi. E approfittando del calo delle quotazioni del greggio sui mercati internazionali, ieri Eni è stata la prima compagnia petrolifera a raccomandare un taglio di 2,5 centesimi per la benzina, di 2 centesimi per il Gpl e di 1 centesimo per la diesel. A seguire, anche le altre compagnie hanno tagliato il prezzo, come Shell (-1 centesimo su benzina e -0,5 centesimi su diesel), TotalErg (-0,8 centesimi su benzina), Ip (-1,5 centesimi su benzina), Q8 (-1,2 centesimi su benzina), Tamoil (-0,5 centesimi su benzina).
Il taglio è stato possibile, grazie alla discesa delle quotazioni del greggio, che nelle ultime sedute ha perso circa dieci dollari al barile per il Wti americano, passando da quasi 106 dollari della prima seduta di maggio a 96-97 dollari di ieri, mentre il Brent europeo è passato nello stesso tempo da 119 dollari a 112,5 dollari al barile.
Ma il taglio risente anche della crisi dei consumi interni, come dimostrano i dati di marzo, che ha visto scendere il consumo di benzina + gasolio a 2,7 milioni di tonnellate, ossia l’8,7% in meno sullo stesso mese del 2011. E le stime su tutto il 2012 si fanno negative anche per l’Unione Petrolifera, che calcola in 67 milioni di tonnellate il consumo complessivo di carburante, incluso quello per uso industriale, per il riscaldamento, etc., cioè in calo sui 71,1 milioni di tonnellate del 2011, -5,7%.
Certamente, la situazione riguarda un pò tutta l’Europa, dove si registra una contrazione generalizzata dei consumi, che contribuisce ad allentare la domanda, così come il maggiore ricorso all’uso di shale oil e shale gas negli USA, ossia all’estrazione di greggio da rocce porose e a basso contenuto di zolfo, che sta determinando una minora domanda sul mercato nordafricano.
Ecco, perché ci potrebbero essere altri spazi per ridurre il prezzo del carburante. Sempre che il governo Monti non arrivi prima e ci imponga una nuova addizionale.
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