La Russia è ufficialmente lo stato numero 157 dell’Organizzazione del Commercio Mondiale. Lo ha comunicato il direttore generale, Pascal Lamy, al termine di 18 anni di lunghissime ed estenuanti trattative con Mosca, che così entra a pieno titolo nel mondo del libero scambio a distanza di venti anni dalla caduta del regime sovietico. La notizia non è stata una sorpresa, perché l’intesa era stata raggiunta già a dicembre, mentre un mese fa era stato firmato il protocollo dell’accordo.
Con l’ingresso nel WTO, i russi dovranno ridurre i dazi sulle importazioni dal 10,3% attuale al 7,1% medio, sebbene vi saranno anche eccezioni. Ad esempio, nel campo automobilistico, il dazio sarà gradualmente ridotto dall’attuale 30% al 15%, con un taglio immediato di cinque punti.
Altra eccezione per i prodotti agricoli, che subiranno un taglio dei dazi dal 15,6% all’11,3%, così come gli agricoltori potranno continuare a beneficiare di sussidi per 9 miliardi di dollari all’anno, una cifra doppia a quella mediamente concessa agli altri membri dell’Organizzazione.
Pochi i russi convinti che i benefici possano essere superiori ai costi: solo il 21% sarebbe ottimista. E, tuttavia, si calcola un impatto positivo sul pil russo del 3% annuo, mentre nel lungo termine dovrebbe essere, addirittura, dell’11%.
Adesso, anche Paesi come l’Italia fanno i conti di come inciderà questo ingresso nel WTO della Russia sulla propria bilancia commerciale, con un miglioramento probabile delle esportazioni verso Mosca, mentre i russi si avvantaggerebbero nelle loro esportazioni, come gas e patrolio.
Gli USA dovrebbero prestissimo rimuovere la legge del 1974, nota come Jackson-Vanik, che da allora impone restrizioni al commercio con i russi, come ritorsione per alcuni limiti all’emigrazione ebraica da parte dell’ex impero sovietico.
La Russia è il primo vero big ad entrare nel WTO, dopo la Cina nel 2001, sebbene l’impatto dovrebbe essere meno dirompente sui mercati mondiali. Con Mosca, l’Organizzazione ora regola gli scambi del 97% dei commerci al mondo.
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