Poste Italiane andrà sul mercato entro la fine dell’anno. Lo ha deciso ieri sera il comitato permanente per le privatizzazioni, che ha previsto una parziale privatizzazione, con il 40% che sarà ceduto in borsa, probabilmente dal mese di luglio, anche se il periodo dipenderà dalle condizioni generali del mercato.
Quanto al valore di capitalizzazione del gruppo, nel 2010, quando il Tesoro acquisì un’ulteriore fetta di azioni dalla Cdp, salendo al 100% di Poste, Deutsche Bank stimò quest’ultima intorno ai 10 miliardi di euro, ma oggi potrebbe essere stimata fino a 13-14 miliardi. Questo, perché con il rinnovo dell’accordo di programma, potrebbero essere eliminate le operazioni più onerose e lasciate quelle più conveniente.
A quel punto, il 40% che il Tesoro metterà in vendita potrebbe valere fino a 4,5-5 miliardi di euro, al netto del 5% che sarà distribuito ai 140 mila dipendenti sotto forma di azioni a titolo gratuito.
Per questo, il governo Letta intende imitare sia il modello tedesco che quello inglese. Il primo prevede la compartecipazione dei lavoratori, tanto che si ipotizza che questi possano avere in cda un loro rappresentante. E la recente privatizzazione della Royal Mail ha garantito ai lavoratori delle poste britanniche il 10% del capitale in forma gratuita.
Oltre a Poste, entro l’anno dovranno essere privatizzate parzialmente anche Eni, Enav e Sace, anche se lo stato continuerà a controllare questi asset con pacchetti azionari rilevanti. Ad esempio, non scenderà sotto il 30% del Cane a sei zampe. L’obiettivo è di incassare 12 miliardi di euro, come previsto dal piano delle dismissioni varato dal governo alla fine del 2013.