Poste Italiane sta per essere parzialmente quotata sul mercato. E’ quanto è stato riferito al termine dell’incontro di ieri sera tra l’ad Massimo Sarmi ed alcuni esponenti del governo e dell’Agcom, nonché della Ragioneria dello Stato. L’ipotesi sarebbe di cedere sul mercato il 30-40% delle azioni, che ad oggi sono al 100% del Tesoro, dopo che il 35% è stato ceduto dalla Cdp nel 2010, attraverso un’operazione di swap delle azioni.
Della quota che dovrebbe essere offerta e poi scambiata a Piazza Affari, il 65% circa dovrebbe andare agli investitori istituzionali, il 2-5% circa ai dipendenti e il resto al canale retail.
I dipendenti potrebbero anche eleggere un loro esponente nel consiglio di amministrazione di Poste Italiane e considerando che il 51% di loro ha una tessera della Cisl, è probabile che sia il sindacato a guida Raffaele Bonanni che potrebbe beneficiare di tale previsione.
Quanto al valore della quota, essa dovrebbe essere di circa 3-4 miliardi, se teniamo conto che Deutsche Bank valutò Poste Italiane intorno ai 10 miliardi nel 2010, all’epoca dello swap tra Cdp e Tesoro.
Allo stesso tempo, ieri si è discusso del rinnovo dell’accordo tra la Cdp e Poste per la gestione della raccolta del risparmio, dopo che lo stesso è scaduto lo scorso 31 dicembre. Alla luce della privatizzazione prossima potrebbe rendersi possibile una contrattualizzazione a tutti gli effetti di tale accordo, così come la regolazione dei crediti intercorrenti tra stato e Poste, che varrebbero 2 miliardi di euro.
Del gruppo Poste Italiane fanno parte anche le business unit Bancoposta e Poste Vita, che di recente Sarmi avrebbe voluto parzialmente quotare in borsa, salvo adesso essere cambiata la strategia, in modo da non colpire la valorizzazione dell’intero gruppo.