Siamo in un mondo globalizzato e ormai da anni la lingua che viene usata per concludere gli affari internazionali è l’inglese, ormai riconosciuto universalmente come l’idioma universale che permette di conversare agevolmente in ogni angolo del pianeta. Parallelamente però la Cina ha incrementato notevolmente il suo peso economico, e ha quindi permesso alla sua lingua, il mandarino (parlato attualmente da 845 milioni di persone) di diffondersi enormemente.
Da uno studio pubblicato dall’agenzia di stampa americana Bloomberg il mandarino è ormai la seconda lingua più diffusa per parlare di business. Qualcuno potrebbe dire che questo non è alto che un ulteriore segnale che il centro del mondo economico si sta spostando a oriente e forse potrebbe avere ragione, ma quello che è certo è che ormai avere buoni rapporti con i cinesi è un obbligo nel business e se per averli è necessario imparare la loro lingua, benvenga.
Non a caso Leigh Hafrey, del prestigioso Massachusetts Institute of Technology ha affermato coome: «La conoscenza della lingua madre è molto vantaggiosa per fare affari nei Paesi dove l’inglese non è parlato correntemente. Nelle trattative fatte in mandarino diminuisce il tempo impiegato nelle negoziazioni e alla fine gli affari vanno meglio».
A ruota del cinese troviamo invece il francese, facilitato forse dal fatto di essere una lingua ufficiale in ben 27 paesi in giro per il mondo, residuo di un passato coloniale non troppo lontano per i nostri cugini transalpini. Il quarta posizione troviamo l’arabo, anch’esso agevolato dal fatto di essere lingua ufficiale di ben 23 nazioni.
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