Giovani ed evasione fiscale. Da una ricerca dell’Università Cattolica di Milano per un adolescente su tre è un fatto tollerabile. Alla domanda che cos’è l’evasione fiscale rispondono: «L’evasione? Che sarà mai!»
Se già un terzo dei ragazzi italiani tollera l’evasione fiscale, è il cattivo malcostume che fa pensare loro che è qualche cosa di positivo. È ciò che emerge dalla ricerca dell’Università Cattolica di Milano fra 1.932 studenti di seconda e terza media, che aveva come obiettivo la descrizione della percezione tra i minori italiani di un problema attuale e molto grave.
Il quadro che ne viene fuori è proprio disarmante. Nel dettaglio, il 13% degli intervistati dichiara che l’evasione fiscale è un fatto ammissibile; mentre il 18% è in disaccordo affermando che non pagare le tasse è un reato grave. L’opinione più suggestiva avanzate da Emanuela Rinaldi, sociologia, ed Andrea Bonanomi, docente di statistica, è che la tolleranza nei confronti degli evasori sia legata a ignoranza finanziaria ed alla miopia sulle conseguenze del mancato pagamento delle tasse.
L’orizzonte sociale delle azioni economiche familiari di alcuni preadolescenti è limitato allo spazio familiare e pare non prendere in considerazione gli effetti a lungo termine. Così come è chiaro e normale che i ragazzi abbaino risposto in base all’esperienza di vita vissuta in famiglia.
Durante l’indagine per esempio c’è il caso di una studentessa di Potenza, che chiede al docente in aula: «Ma scusi prof, quando io vado dal dentista, lui dice a mia mamma: signora con la fattura sono 90 curo, senza fattura sono 70. È logico che mia mamma risparmi 20 euro!». Ovviamente la risposta del professore è nel rispetto di far capire ai ragazzi l’evidenza di ciò che ne esce quando c’è evasione, ovvero «Sì, però quando tua sorella ha aspettato 24 ore in ospedale per essere operata d’urgenza per l’appendicite, magari è anche perché il tuo dentista non ha pagato le tasse».
Per questi motivi la Rinaldi e Bonanomi propongono corsi di educazione finanziaria per gli studenti con programmi che chiariscano i collegamenti tra le loro azioni e il contesto macroeconomico in cui vivono. «È necessario ricostruire le mappe cognitive delle relazioni fra cittadino, tasse e allocazione delle risorse». Forse anche una maggior educazione civica non sarebbe male, ed aiuterebbe la lotta contro l’evasione.
In Italia la pressione fiscale sul lavoro dipendente è eccessiva, il cuneo fiscale – ossia il costo del lavoro dovuto alla pressione fiscale – è superiore alla media europea. In assenza di meccanismi di responsabilità e trasparenza nell’uso delle risorse recuperate, la lotta all’evasione è vissuta dai contribuenti come un’ingiusta caccia al capro espiatorio ma soprattutto finalizzata ad alimentare una spesa pubblica troppo spesso non gestita secondo criteri di efficienza ed efficacia.
Lo Stato ha bisogno di entrate. Se tutti i cittadini pagassero quanto dovuto, magari si abbasserebbe la pressione erariale. Soprattutto è importante che i cittadini abbiano la percezione di come questo legame li vincoli a un rapporto di reciproco rispetto.
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