La Cassazione con la sentenza n. 5564 precisa che l’assoluzione in sede penale non mette al riparo il contribuente dall’accertamento tributario. La Corte si è trovata alle prese con un contribuente al quale l’ufficio imposte dirette aveva recapitato un accertamento ai fini IRPEF e relativamente all’anno 1994.
Il contribuente, aveva eccepito che i tributi e le relative sanzioni si riferivano all’attività del padre deceduto e che, quindi, a lui non spettavano avendo rinunciato all’eredità. Tuttavia, a seguito di un controllo effettuato dalla GDF, risultava che il diretto interessato avesse accettato tacitamente l’eredità, incassando direttamente o indirettamente assegni riferibili alla ditta paterna, custodendo i libri contabili ed esibendoli alle Fiamme Gialle.
Non solo, aveva mantenuto i beni del padre disponendo di un’imbarcazione e di denaro che era stato utilizzato dalla moglie per acquistare poi un immobile. Gli esiti dei due precedenti gradi di giudizio hanno dato ragione al contribuente. Questo perché era stata pronunciata una sentenza di assoluzione in relazione al reato di evasione nei confronti del padre e dei figli. E quindi il ragionamento seguito dai giudici di merito si basava sull’equazione tra assoluzione in sede penale ed esonero di responsabilità anche in sede tributaria.
Per la Corte, la vicenda doveva trovare una chiave di lettura completamente differente, partendo dal presupposto che i due processi penale e tributario viaggiano su due binari paralleli, quindi non devono necessariamente incrociarsi. La Corte ha affermato come il giudice tributario sia libero di attingere o meno elementi dal processo penale senza particolari regole.
È evidente che una volta accertata l’accettazione tacita dell’eredità, tutti i rapporti in capo al defunto continuavano in capo al figlio che formalmente aveva dichiarato di aver rifiutato l’eredità, ma che poi nel concreto, come era stato evidenziato dall’indagine della Guardia di finanza, l’ha accettata.
La Corte ha evidenziato come la Commissione tributaria regionale si fosse limitata semplicemente a un recepimento evidente e acritico del giudicato penale che, non dimostrava l’infondatezza delle contestazioni mosse dall’amministrazione finanziaria nei confronti del defunto in virtù dell’estinzione del procedimento penale a suo carico conseguente alla morte.
Inoltre la decisione della Corte rileva come del tutto inconcludente appare, la motivazione nel ritenere che l’assoluzione dei figli in ordine a una non meglio specificata imputazione per evasione tributaria connessa al coinvolgimento nella gestione delle aziende paterne sia idonea a escludere non solo qualsiasi forma di coinvolgimento nell’attività economica riferibile al padre in forma individuale o societaria ma anche sia idonea a escludere l’accettazione tacita dell’eredità.
Siamo comunque felici di vedere che il fisco possa comunque rivalersi, recuperando somme evase.
Fonte: Sole 24 Ore
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