Le crisi che stanno dilagando nell’Africa del Nord hanno e avranno ancora in futuro molte ripercussioni a livello economico, come d’altra parte sta già accadendo per i prezzi del petrolio, e dunque dei carburanti, che in questi giorni stanno raggiungendo livelli mai raggiunti negli ultimi anni.
Pochi però, tra la maggior parte della popolazione, si sono resi conto del grandissimo rischio che hanno corso i mercati nel corso della crisi egiziana, con la minaccia, per ora senza conseguenze che si spera non vi saranno neanche in futuro per il placarsi della tensione con le dimissioni di Mubarak, della chiusura del canale di Suez. Quali sarebbero gli effetti sul prezzo della benzina in quel caso? Sicuramente devastanti, dal momento che in media ra Porto Said e Suez transitano infatti ogni giorno oltre 2 milioni di barili di greggio.
La verità è che buona parte dei traffici commerciali verso l’occidente passano per una decina di punti nevralgici, essenzialmente stretti marittimi e una loro eventuale chiusura avrebbe senz’ombra di dubbio effetti devastanti sulle economie di mezzo mondo. Le rotte potrebbero essere interrotte dunque in ogni momento, sia per effetto di crisi politiche, sia per effetto di attacchi terroristici (per bloccare alcuni bracci di mare basterebbe teoricamente affondare una nave di grande stazza rendendo impossibile la navigazione).
In un mondo globalizzato i commerci si fanno in tutto il mondo e questo li espone a rischi, che spesso non sono calcolati a dovere, o meglio, non possono essere calcolati, dal momento che sono determinati dalla politica.
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