Quando abbiamo quasi i risultati ufficiali delle elezioni politiche in Grecia, sappiamo che i conservatori di Nuova Democrazia hanno ottenuto il 30% dei voti e 130 seggi su 300, grazie al premio di maggioranza di 50 seggi. Dietro, al 26%, c’è Syriza, la sinistra radicale, che si è battuta per una revisione profonda del Memorandum, ossia dell’intesa con la UE sulle misure di risanamento e di rilancio dell’economia.
Terzi i socialisti del Pasok, che raccolgono un miserrimo 12%, ma che saranno determinanti per il raggiungimento della maggioranza dei 151 seggi, insieme agli avversari storici di Nd.
Dunque, in pochissimi giorni sarà formato un esecutivo pro-euro, che già oggi farà rifiatare le borse e quasi certamente porterà a un restringimento evidente degli spread europei. Tuttavia, pensare che la vittoria dei conservatori sia in sé la salvezza nazionale dei greci e dell’Europa intera è assurdo. Uno, perché insieme ai socialisti hanno governato nell’esecutivo di larghe intese fino allo scorso mese di febbraio, dimostrando sì fermezza a parole nell’adozione delle misure di risanamento, ma allo stesso tempo Pasok e Nd non sono riusciti né ad attuare tali misure concretamente, né a convincere i mercati. E dire che godevano di una maggioranza molto più netta di quella che hanno ottenuto ieri sera.
Due, perché entro luglio il nuovo governo dovrà adottare nuove misure per complessivi 16 miliardi. Senza di esse, la Grecia non avrebbe denaro in cassa e dovrebbe dichiarare il default. Ora, se è vero che la UE potrebbe andare incontro ad Atene, ammorbidendo il Memorandum, resta il fatto che in poche settimane dovranno essere trovati nuovi miliardi. Ce la faranno il nuovo governo e la nuova maggioranza? L’interrogativo d’obbligo, ma non pare che si possa dare una risposta positiva con certezza. Il rischio di una estate molto calda sul fronte sociale è altissimo e con esso quello di verificare per l’ennesima volta l’impotenza del nuovo esecutivo.
Puoi votare l'articolo anche qui, gli articoli precedenti qui.