La Troika (UE, BCE e FMI) ha formalmente affermato che consentire alla Grecia due anni in più per il raggiungimento degli obiettivi di bilancio sarebbe un fatto positivo, in quanto le consentirebbe di meglio raggiungere una posizione di bilancio sostenibile. Tuttavia, qualora Atene dovesse risanare i suoi conti entro il 2016 e non più al 2014, resterebbe da coprire un maggiore buco di bilancio per 15 miliardi entro il 2014 e per altri 17,6 miliardi per il biennio 2015-2016. In altri termini, la Grecia avrebbe bisogno nei prossimi 4 anni di 32,6 miliardi in più del previsto.
Per questo, è scoppiata la lite tra il Fondo Monetario Internazionale e la UE. Il primo ha proposto, infatti, che i governi europei si accollino perdite sul debito per 50 miliardi, cosa respinta nettamente dai tedeschi per primi. La seconda, invece, ha lanciato l’idea di allungare di due anni il periodo di riferimento per il raggiungimento degli obiettivi del debito. Non più al 2020, bensì al 2022. Washington ha prontamente risposto con il direttore generale Christine Lagarde di avere un’idea diversa su come affrontare la questione.
Il 16 novembre, cioè tra tre giorni, scade in Grecia un bond da 4 miliardi. In assenza della nuova tranche di aiuti per 31,5 miliardi, rimasta bloccata nelle diatribe interne alla UE e tra la UE e l’FMI, Atene si arrangerà emettendo nuovi bond a 1 e 6 mesi per complessivi 3,125 miliardi. Nonostante si nutrano dubbi sulla capacità del governo greco di raccogliere la liquidità necessaria, pare che la BCE stia incoraggiando le banche a non fare scattare un default tecnico, mentre è chiaro che il nuovo ricorso all’indebitamento sul mercato avverrà a carissimo prezzo.
La scorsa settimana, il Parlamento di Atene aveva approvato il piano di austerità da 13,5 miliardi, necessario per ottenere nuovi aiuti. Ma la maggioranza sembra sempre più risicata e divisa sul futuro, tanto che i mercati non escludono ancora l’ipotesi di un default nei prossimi mesi.