Nonostante il cambio di governo a fine ottobre e il varo di un esecutivo tecnico presieduto da Lucas Papademos, Atene non continua a registrare miglioramenti in termini di risanamento dei conti pubblici, con un debito di 357 miliardi di euro e un disavanzo che sembra sostanzialmente in linea con quello dei mesi precedenti.
Sarò anche l’effetto di una spirale recessiva ben più grave del previsto, ma la UE chiede che la Grecia faccia di più, perché sarebbero rimasti irrisolti alcuni nodi già individuati nei vertici europei precedenti, nonché pure non raggiunti gli obiettivi che erano stati prefissati.
Bruxelles rileva come la riscossione delle imposte sia molto inefficiente, tanto che paventa l’ipotesi che venga nominata una personalità “esterna”, non greca, incaricata di occuparsi delle entrate.
Altro capitolo spinoso è quello del numero elevatissimo di dipendenti pubblici. L’Europa chiede che sia mantenuto l’obiettivo di una loro riduzione di 150 mila unità entro il 2015, dagli attuali 680 mila. Lo scorso settembre, il governo socialista di Papandreou aveva previsto una riduzione di 30 mila unità, che finora non è stata possibile raggiungere, visto che sono andati in pensione anticipata solo 15 mila persone.
Consigliate ad Atene anche misure su risparmi nella sanità e le liberalizzazioni sia dei taxi che degli ordini professionali, cosa che rischia di inasprire ancor di più il clima sociale di scontro nel Paese. Infine, la UE vorrebbe che il governo ellenico mettesse sul mercato subito due-tre imprese pubbliche, affinché sia possibile mantenere l’obiettivo di privatizzazioni per 50 miliardi da oggi al 2015.
Inutile dire quanto forte sia lo scetticismo.
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