E’ di ieri sera l’annuncio del premier greco Antonis Samaras che il suo governo avrebbe raggiunto un’intesa con la Troika (UE, BCE e FMI) sul piano di austerità da 13,5 miliardi e sul pacchetto di riforme strutturali chiesto da quest’ultima.
Ma a stretto giro arriva secca la smentita del principale partner di governo della maggioranza di grande coalizione, il socialista Evangelos Venizelos, il quale ha giudicato le parole di Samaras “inopportune” e “tempestive”.
In effetti, il percorso di approvazione in Parlamento iniziato ieri sembra piuttosto accidentato, dopo che anche la Sinistra Democratica di Foutis Kouvelis ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di approvare i tagli degli stipendi pubblici e la riforma del mercato del lavoro.
Il governo dovrebbe presentare il 5 novembre prossimo un testo di un solo articolo, contenente 89 riforme strutturali, che vanno dai tagli alla sanità, a quelli degli stipendi pubblici, passando per la riforma del sistema di riscossione delle imposte. La procedura d’urgenza dovrebbe consentire il via libera al decreto omnibus entro il 7 novembre, ma non per questo le trattative con la Troika si sbloccheranno e sempre che il testo venga davvero approvato.
I voti dei socialisti del Pasok e della sinistra radicale di Dimar sono, infatti, fondamentali per la maggioranza, che può contare complessivamente su 176 deputati su 300, di cui solo 127 conservatori di Nuova Democrazia. Il leader socialista ha spiegato che le trattative proseguiranno con la Troika fino al 12 novembre, data dell’Eurogruppo, mentre già oggi con l’approvazione del Parlamento dei tagli per 13,5 miliardi, l’Europa dovrebbe consentire in conference call il prolungamento di due anni per il raggiungimento da parte di Atene degli obiettivi di bilancio.
Indispensabile resta lo sblocco degli aiuti per 31,5 miliardi entro metà novembre, senza i quali la Grecia andrebbe in default tra circa un mese.