Atene è nel caos politico e sociale. Ieri, una imponente manifestazione indetta dai sindacati del settore pubblico e privato Gsee, Adedy e Pame ha portato in piazza numerose persone a protestare contro l’ennesimo piano di austerità, che prevede il taglio dei salari minimi del 20%, la riduzione del numero degli impiegati pubblici di almeno 150 mila unità e delle spese sanitarie per almeno un miliardo di euro.
Intanto, però, dentro al Parlamento, tra i partiti non c’è ancora alcuna intesa sulle misure da adottare, visto che tutte le formazioni che sostengono il governo di grande coalizione di Lucas Papademos si sono dette contrarie ad approvare nuove misure di austerità.
A Bruxelles, il presidente della Commissione UE, José Manuel Barroso, ieri è intervenuto per ribadire che il default della Grecia avrebbe per l’intera Eurozona un costo superiore a quello previsto per il salvataggio. Tali parole suonano come una presa di distanza dal suo commissario Neelie Kroes, che aveva minimizzato l’impatto di un addio di Atene alla moneta unica.
Ad ogni modo, il Wall Street Journal oggi pubblica un articolo, in cui si annuncia che la BCE avrebbe messo sul piatto i 15 miliardi che mancherebbero al nuovo piano di aiuti da 130 miliardi, per giungere all’obiettivo di un rapporto tra debito e pil al 120% entro il 2020.
Secondo il quotidiano, Francoforte si farebbe rimborsare i circa 50 miliardi di bond ellenici in suo possesso a un valore inferiore a quello nominale, ma chiedendo in cambio che si arrivi a un accordo definitivo con i creditori. La notizia è davvero rivoluzionaria, in quanto tale atto si configurerebbe come un aiuto monetario diretto al governo di Atene, cosa impedita formalmente dallo statuto della BCE. Peccato che pare ormai non bastare nemmeno questo. La Grecia si avvia rapidamente verso il default e l’Europa ne sta prendendo atto ogni ora di più.
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