Il governo Monti non sa che fare. Ieri, il consiglio dei ministri avrebbe dovuto approvare il decreto legge per sbloccare il pagamento di almeno 20 dei 91 miliardi di euro stimati di crediti che le imprese vantano verso la Pubblica Amministrazione. Invece, niente. Il varo del decreto è stato rinviato. Non è difficile immaginare il perché. Nella mattinata di ieri, infatti, sia il PD che il PDL avevano avvertito il premier che se la copertura fosse stata trovata con l’aumento delle tasse, non sarebbe stato approvato dai rispettivi gruppi parlamentari. L’aut-aut era arrivato dopo che era circolata la voce che si sarebbe anticipato al 2013 l’aumento delle addizionali Irpef per Regioni e Comuni e che si sarebbero aumentate altre forme di pressione fiscale.
In ogni caso, una nuova stangata colpirà gli italiani, visto che dal mese prossimo parte la Tares, che sostituirà la Tarsu e sarà pagata in tre rate: maggio, settembre e dicembre. Essa dovrà coprire il 100% del costo del servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, ma dovrà anche prevedere nella rata di dicembre un sovrapprezzo di 30-40 centesimi per metro quadro di abitazione, per finanziare i servizi indivisibili comunali.
La reazione degli imprenditori e dei commercianti è stata molto negativa. Se il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha parlato di “imprese disperate”, il leader della Confcommercio, Carlo Sangalli, ha definito il rinvio l’ennesima perdita di tempo. Pesanti anche i commenti dei leader sindacali. Bonanni (Cisl) ha avvertito il governo di non aumentare le tasse né localmente, né su base nazionale, perché gli italiani sono già carichi come i muli. Ironico anche il commento di Susanna Camusso (Cgil), per cui il governo avrebbe evitato l’anticipo dell’aumento dell’addizionale Irpef, per aumentare le tasse da qualche altra parte. “Ma questo è un mio pregiudizio”, ha affermato.