Le voci erano insistenti da mesi, ma ieri mattina sembrava già si fosse arrivati al momento della verità. Cosa che è successa, con la conferma non ufficiale che mezza Europa sarebbe stata declassata da lì a qualche ora, Francia inclusa.
E alle ore 22.30, alla chiusura anche di Wall Street, Standard & Poor’s ha comunicato di avere declassato Francia e Austria, che perdono così la prestigiosa tripla A sui titoli del debito pubblico, scendendo ad AA+.
Ma c’è poco da ridere anche per i Paesi nell’occhio del ciclone dei mercati finanziari: Italia, Spagna e Portogallo. I titoli di stato del nostro Paese scendono ufficialmente di due gradini e passano in B, non era mai accaduto. Pertanto, la valutazione non è più A, bensì BBB+.
Il nuovo rating significa che l’Italia ha un’adeguata capacità di fare fronte ai suoi impegni finanziari, ma è anche suscettibile alle avverse condizioni economiche e al mutamento del quadro.
Se dalle parole passiamo ai fatti, ciò che dovrebbe maggiormente preoccuparci è che sotto BBB si va al livello di valutazione “junk” o “spazzatura”. E noi siamo appena al di sopra.
Il taglio del rating italiano è determinato dalle cattive prospettive sulla crescita, anche se le misure del governo sembrano andare nella giusta direzione del risanamento. Ma la previsione di un pil in calo quest’anno non ha lasciato molto spazio all’agenzia, che ha anche un “outlook” negativo sui nostri bond.
Siamo davvero a un passo dal baratro. Se è vero che il rating in sé non implica necessariamente un adeguamento automatico delle azioni degli investitori, già ieri la ventilata ipotesi di un nuovo declassamento aveva fatto ritornare lo spread sopra i 500 punti base, malgrado due aste consecutive di BoT e BTp molto positive.
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