Ieri, la riunione del board della BCE, tenutasi come ogni mese per decidere le misure sui tassi di riferimento, non ha sortito l’effetto sperato. Il taglio dei tassi non c’è stato, ma si prevedeva già che esso potesse essere rimandato a settembre. In realtà, ad avere lasciato i mercati con l’amaro in bocca è stato il prosieguo dell’intervento del governatore Mario Draghi, che si è detto sì pronto ad attuare ogni misura necessaria a salvare l’euro, ma aggiungendo poi che di ciò si parlerà “nelle prossime settimane”.
La reazione degli investitori è stata immediata. Un minuto prima della conferenza stampa di Draghi, le attese erano così ottimistiche, che lo spread era arrivato a scendere fino a un minimo di 433 punti base. Passano i minuti e quando si comprende che non si otterranno né un taglio dei tassi, né l’annuncio di ulteriori misure a tutela dell’euro, lo spread s’impenna, fino a toccare un massimo di 511 punti base e chiudendo la seduta sopra i 500 punti.
Lo stesso avveniva a Piazza Affari, con il listino milanese che vira dal territorio positivo di metà seduta a un profondo rosso di fine giornata, chiudendo a -4,64%. Bruciati ben 88 miliardi in una sola seduta.
Preoccupano, in particolare, le parole con cui Draghi si è riferito alla crisi attuale dei debiti sovrani, perché se da un lato ha affermato che gli spread troppo alti di questi mesi non sono corretti, dall’altro ha avvertito che lo scudo anti-spread in favore dell’Italia scatterebbe solo su richiesta del governo e a determinate condizioni. Siamo lontani dal meccanismo semi-automatico di cui si parlava nelle scorse settimane. C’è da scommettere che le tensioni si faranno sentire anche nell’ultima seduta settimanale.
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