Il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha lanciato ieri un appello al governo, affinché adotti subito un decreto legge per sbloccare almeno 48 miliardi di crediti vantati dalle imprese verso la Pubblica Amministrazione. Secondo il leader degli industriali, un tale provvedimento avrebbe un effetto dirompente sull’economia del Paese, perché l’immissione di tale liquidità porterebbe a un aumento degli investimenti, quantificato in un +13% per i prossimi cinque anni, mentre il pil ne risentirebbe positivamente, crescendo dell’1% all’anno per i primi tre anni (+16 miliardi annui), toccando anche un probabile +1,5% nel 2018. In termini di occupazione, lo sblocco varrebbe ben 250 mila posti di lavoro in più, pari a oltre l’1% della forza lavoro complessiva.
Sono dati su cui riflettere, che Squinzi invita a prendere in considerazione, specie dopo che qualche giorno fa è arrivato il via libera di Bruxelles sullo sblocco dei debiti dello stato italiano verso le imprese.
E dire che i 48 miliardi di cui parla Squinzi non sarebbero nemmeno tutti i crediti vantati dalle imprese italiane verso lo stato e gli enti locali. Essi ammonterebbero, secondo le stime più recenti, a non meno di 70 miliardi, ossia circa il 4,4% del pil, di cui solo una decina sarebbe nei confronti degli enti locali.
Il problema è dove reperire le risorse per effettuare i pagamenti. L’ipotesi lanciata da tempo dal ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, sarebbe l’emissione di titoli di stato. Certo, una misura che implicherebbe una maggiore pressione sul fronte dei collocamenti dei nostri bond, ma vie alternative non se ne intravedono, compresa l’idea di fare ricorso alla Cdp, che essendo un soggetto privato, spiega il ministro, non potrebbe essere impiegato per pagare debiti che non sarebbero i suoi.