Come nelle previsioni, il governatore della BCE, Mario Draghi, ha confermato ieri pomeriggio che i tassi di riferimento non sono stati modificati dal board e che non si è nemmeno discusso di un loro taglio.
Lo stesso Draghi ha evidenziato come l’inflazione media nell’Area Euro si attesta al 2,7%, ben oltre il target di medio periodo del 2%, cosa che ha subito dato la sensazione ai mercati che un nuovo taglio dei tassi non sia una questione da potere affrontare a breve. Tuttavia, il governatore ha precisato che il rialzo dei prezzi sarebbe dovuto all’aumento dei costi energetici, i quali non si sarebbero tradotti in aumenti salariali sganciati dalla produttività, pertanto, si dovrebbe trattare di un fenomeno transitorio.
Per questo, la reazione è stata un allargamento del differenziale di rendimento tra i titoli di stato semi-periferici e quelli core, con il decennale BTp-Bund a quota 369 e quello Bonos-Bund a 446 bp. Il BTp a 10 anni rendeva così ieri il 5,13%, mentre quello spagnolo il 5,90%. Al contrario, in discesa risultavano i decennali tedeschi, all’1,44%, così come gli Oat francesi al 2,17%.
Draghi ha voluto sottolineare come il varo stesso dello scudo antispread, attraverso il piano Omt (Outright Monetary Transactions), sia stato un successo, sebbene abbia precisato che buona parte dei compiti spetti ai governi, che devono decidere cosa sia per loro la “legacy”, ossia se e in che misura l’ESM possa occuparsi di situazioni anteriori all’inizio della sua operatività.
L’Omt non deve incoraggiare i governi a cambiare le loro politiche di breve termine, ha aggiunto il governatore, secondo il quale non sarebbe possibile l’allungamento delle scadenze dei titoli ellenici in portafoglio di Francoforte, perché ciò si configurerebbe quale finanziamento monetario del debito di Atene.