Il paradosso con cui da anni si confronta il Ministero dell’Economia è rendere i controlli efficaci nel reprimere l’illegalità, per evitare che i controlli stessi siano un handicap per la parte sana delle imprese e un incentivo alla corruzione. Le aziende vengono continuamente spulciate eppure l’evasione fiscale supera le centinaia di miliardi di euro. Il capitolo delle comunicazioni poste a carico del contribuente continua a crescere: si è ripescato l’elenco clienti e fornitori, occorre chiedere autorizzazione ad emettere fatture ad aziende con sede in altri Stati dell’Unione Europea (ovvero il Vies, il “nullaosta” a effettuare operazioni intracomunitarie . Attenzione: senza Vies, le operazioni diventano interne, con fatturazione dell’Iva. Per inserirvi nell’elenco degli operatori intracomunitari l’Agenzia si prende 30 giorni per la risposta), come bisogna comunicare all’agenzia delle Entrate le operazioni con un Paese della lista nera per il Fisco, e così via.
Spesso raggiungere gli uffici pubblici non è semplice, e spesso per motivi banali, come per esempio gli uffici non sono in grado di ricevere mail o la posta certificata, alcuni non ricevono le telefonate degli utenti…. Quindi, non resta che affidarsi al fax o recarsi personalmente nei vari uffici, fare la fila, per poter parlare con un funzionario o depositare a mano i documenti richiesti.
I controlli fiscali nel 2010 sono stati oltre un milione e mezzo, più di 300mila sul fronte del lavoro. È solo la punta dell’iceberg delle attività ispettive cui devono sottostare i contribuenti e le imprese chiamate a rispettare adempimenti e obblighi amministrativi. L’oppressione da controlli che si trasforma spesso in onerosi costi della burocrazia come ha denunciato anche dallo stesso ministro dell’Economia in audizione alla Camera.
A metterle in fila se ne contano almeno 11: Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Dogane, Equitalia, Lavoro, Inps, Inail, Vigili urbani, Vigili del fuoco, Guardie forestali e Asl. E possono anche non bastare, visto che ognuna presenta più sfaccettature a seconda della tipologia di attività che il contribuente svolge. 5mila tecnici superspecializzati (3.500 del ministero del Lavoro; 1.400 dell’Inps e 300 dell’Inail) che hanno affinato le loro capacità di intervento per compensare le risorse sempre più scarse con cui sono costretti a fare i conti.
Basta un esempio: nel 2010 i 304 ispettori Inail hanno passato al setaccio 24.500 aziende e imposto la regolarizzazione di 56.700 lavoratori (10.426 erano in nero) ma, soprattutto, hanno accertato l’omesso pagamento di premi assicurativi obbligatori per oltre 99 milioni di euro.
A guardare i dati dell’agenzia delle Entrate su un totale di 700mila controlli, le verifiche sul campo, burocraticamente definite attività istruttorie esterne, hanno coinvolto nel 2010 oltre 500 “grandi contribuenti” ovvero i soggetti che hanno volumi di affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro. Nei confronti delle medie imprese le verifiche sono state 3.000. Sul fronte fiscale a questi dati vanno aggiunte le 31mila verifiche effettuate dalla Gdf e gli oltre 822mila controlli finalizzati a contenere la cosiddetta propensione all’evasione di massa, che, non bisogna mai dimenticarlo, nel nostro Paese ha raggiunto la dimensione di 120 miliardi di euro.
La Commissione europea ha stimato per l’Italia una incidenza dei costi amministrativi derivanti dai diversi livelli di governo pari al 4,6% del Pil, che equivale ad un costo complessivo di circa 70 miliardi di euro l’anno. È indubbio che in buona parte di questi oneri rientrano anche i controlli e le verifiche in azienda
Sembra che nel decreto «sviluppo e semplificazioni» in arrivo per metà maggio ci saranno buone nuove anche per le verifiche. L’obiettivo sembrerebbe essere quello di ridurre drasticamente gli adempimenti che, a vario titolo, ostacolano l’attività d’impresa e il lavoro autonomo, fatti salvialcuni importanti «settori sensibili» come la sicurezza sul lavoro, come ha spiegato lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Si lavora a un’azione di coordinamento e di accorpamento per quel che riguarda sia il meccanismo semiautomatico che fa scattare il controllo, sia il complesso di adempimenti richiesto alle aziende per far fronte alle richieste avanzate dagli ispettori del fisco e non solo. Nulla a che vedere con le verifiche che attengono al controllo erariale vero e proprio, ambito strettamente correlato all’attività di accertamento in chiave di lotta all’evasione. Si tratta in questo caso di far fronte a quella sorta di «oppressione fiscale», cui ha fatto cenno lo stesso Tremonti, che si trasforma in un costo vivo per le imprese.
Operazioni di semplificazione da condurre «a costo zero», dunque senza oneri per l’erario ma con beneficio immediato per i contribuenti e il mondo delle imprese. Uno sfoltimento che investe l’aspetto peculiare degli adempimenti, spesso a pioggia e privi di coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti (fisco, vigili urbani, ispettori del lavoro e delle Asl), con il risultato di una duplicazione esponenziale anche dei moduli richiesti. Un altro fronte di intervento investirebbe gli adempimenti dei sostituti d’imposta, e quello di alcuni regimi relativi a particolari regimi di tassazione che concorrono alla determinazione del reddito d’impresa.
Operazione che, nelle intenzioni di Tremonti, dovrà procedere appunto in parallelo con il lavoro preliminare dei quattro gruppi di studio sulla riforma fiscale. Rientra in questo quadro anche la complessa operazione di sfoltimento delle «tax exspenditures», vale a dire delle attuali 220 voci (tra sconti, esenzioni, detrazioni e deduzioni) che finiscono per erodere gettito per più di 120 miliardi di euro. La ricognizione preliminare dei quattro gruppi di studio dovrebbe completarsi a fine mese. Poi si tratterà di trarre le fila e cominciare a stendere la griglia dei principi guida da inserire nel disegno di legge delega. Dopo il via libera del Parlamento, partirà la lunga fase di attuazione affidata ai relativi decreti legislativi.
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