Un giudice di New York, tale Thomas Griesa, 82 anni, ha condannato la scorsa notte lo stato dell’Argentina a risarcire i possessori anche delle obbligazioni non ristrutturate, ossia i titoli i mano a coloro che non accettarono le due ristrutturazioni del debito del 2005 e del 2010. Tecnicamente, la decisione potrebbe fare scattare un altro default da 24 miliardi di dollari, dopo quello annunciato da Buenos Aires nel 2001, in quanto lo stesso giudice ha stabilito che l’Argentina non potrà continuare a pagare le cedole ai possessori dei bond ristrutturati, prima di avere pagato anche gli altri obbligazionisti.
Tra gli investitori che potrebbero ottenere così indietro il dovuto maggiore figura la Nml Capital, con 1,3 miliardi di dollari di crediti. Lo scorso 26 ottobre, la Corte d’Appello di New York aveva confermato la condanna del giudice distrettuale di Manhattan, ma il governo argentino aveva chiesto la sospensione della sentenza, rigettata dallo stesso Griesa.
Adesso, l’Argentina ha in scadenza 4 miliardi di dollari di bond, di cui 3,4 miliardi di warrant legati alla crescita del pil, il prossimo 15 dicembre.
Nel 2001, l’Argentina dichiarò default per 95 miliardi di dollari. Nel 2005 e nel 2010, dopo anni di battaglie giudiziarie e di tentativi di accordo da parte del Fondo Monetario Internazionale, Buenos Aires offrì agli obbligazionisti 33 centesimi per ogni euro detenuto come bond. Il 93% dei bondholders accettò, in assenza di alternative, mentre il restante 7% non si rassegnò e iniziò a fare ricorso.
La conseguenza del default, tuttavia, si fa sentire ancora oggi. Secondo l’agenzia di informazione finanziaria Bloomberg, i titoli a un anno argentini sono i più costosi da assicurare, con i cds a oltre 6.500 punti base. In sostanza, per assicurarsi dal rischio default di un titolo a un anno emesso dal governo di Buenos Aires bisogna pagare un’assicurazione pari al 65% del valore del titolo sottostante.