Apple è accusata dal Congresso americano di avere evaso le imposte per almeno 74 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2011, spostando fuori dagli USA circa 400 miliardi di dollari di reddito, tramite un castello di 14 società, con sede in vari stati a bassa pressione fiscale, come Irlanda e Singapore. Ma stando alla ricostruzione della commissione d’inchiesta del Senato, Cupertino non solo avrebbe spostato i profitti a Dublino, ma nemmeno lì avrebbe pagato granché, perché a fronte di 38 miliardi di risultato dichiarato, solo 21 milioni sarebbero stati versati al governo irlandese, lo 0,006%. Infatti, la società guidata da Tim Cook dopo la scomparsa del fondatore Steve Jobs si sarebbe avvalsa di alcuni espedienti normativi per non pagare le tasse da nessuna parte. Secondo la legge americana, le tasse le pagano le società con residenza negli USA; per Dublino, paga le tasse chi gestisce e controlla in loco una società.
La conseguenza è stata che le varie società con sede in Irlanda e risalenti a Apple l’avrebbero fatta franca anche in Irlanda, non essendo di fatto gestite in loco, ma non risultando nemmeno con residenza negli USA.
Cook difende Cupertino e ricorda come sia il primo contribuente americano, avendo versato al fisco USA 6 miliardi di dollari, lo scorso anno. Risponde il senatore repubblicano John McCain, che riconosce sì il primato di Apple, ma aggiunge che stando all’inchiesta risulterebbe essere anche il primo “evasore” dell’America.
Duro il senatore democratico Carl Levin, che spiega come non sia bastato ad Apple il paradiso fiscale in Irlanda, ma che essa abbia cercato il “santo Graal” dell’elusione.
Se le accuse fossero dimostrate, Cupertino si ritroverebbe a pagare una maxi-multa, tale da fare impallidire la cifra dei 6 miliardi in tasse versate nel 2012 al fisco americano.