Le azioni intraprese dal governo italiano non hanno convinto Moody’s, che ha tagliato il rating dell’Italia: il pareggio di bilancio non basta ad evitare il downgrade e mitigare lo spettro della crescita zero. Non è bastata la fiducia del raggiungimento da parte dell’Italia del pareggio di bilancio a convincere Moody’s: l’agenzia ha annunciato il taglio del suo rating sull’Italia di ben tre livelli (da Aa2 ad A2), sulla scia di quanto già fatto da Standard & Poor’s.
Dopo il downgrade per l’Itlaia, del suo debito sovrano, ecco quello per alcune aziende ed istituzioni italiane. Taglio rating di Moody’s per aziende italiane (banche e utility) ed enti locali. L’agenzia declassa molte delle principali aziende italiane del settore pubblico e privato: banche, gruppi industriali, Regioni, Province e Comuni. Come da copione dopo S&P, la bocciatura è arrivata per Unicredit e Intesa (entrambe ad A2), Eni (A1), Enel S.p.A. (A3), Finmeccanica (Baa2), Terna (A3), Poste Italiane (A2) e Cassa depositi e prestiti, regioni Basilicata, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Toscana e Veneto, province di Bolzano, Firenze, Milano, Torino e Trento, le città di Milano, Venezia e Siena, Finlombarda SpA, Cassa del Trentino.
L’unico gruppo salvatosi dalla è stato Generali, il cui rating è stato confermato pur se con outlook rivisto da stabile a negativo.
Per quanto riguarda le amministrazioni locali, ad essere “meno” penalizzate sono state le province autonome di Trento e Bolzano e la Cassa del Trentino (Aa3), e poi la Regione Lombardia (A1) e provincia di Rieti (A3). Seguono regioni Piemonte (A3), Puglia (A3), Sardegna (A3), Sicilia (A3) e città di Firenze (A3).
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