Gli esperti stanno prestando molta attenzione in questi giorni nel cogliere le sensazioni del popolo americano riguardo alla fede nel loro governo e per i suoi leader.
Un fattore ancora più critico per il futuro della nazione, sembra, a detta di molti analisti, si rivelerà il contrario: il grado di fede che i leader dimostreranno nel popolo americano.
Mentre si stanno preparando tutti a vedere come evolverà questa commedia nel 2012, anno in cui si aspettano quella che ritengono probabilmente l’elezione più cruciale dei tempi moderni. Tuttavia la situazione di stallo politico che stanno vedendo in relazione al debito americano non sembra piacere a nessuno.
Da una parte del dibattito statunitense ci sono i politici che non hanno mai avuto fiducia nella capacità dell’americano medio ad affrontare la complessità della vita moderna o scegliere le politiche che corrette ed umane. Questo gruppo di leader si vede come un patriarca benevolo che deve operare le scelte sagge per tutto il popolo americano senza essere vittime di predatori legati ad interessi privati, o semplicemente si affida alla credulità o all’incompetenza dei cittadinii, visti come incapaci a scegliere il mutuo, l’assicurazione sanitaria, la carta di credito, la scuola i figli… Dall’altro lato dello spartiacque politico, vi sono i leader che lamentano del carattere degradato dei loro concittadini e si disperano della loro ignoranza civica, della dipendenza dall’assistenza pubblica diffusa, del collasso dell’impegno per la famiglia e così via. Questi scettici sembrano convinti che il cittadino americano medio sia troppo egoista o troppo preso per interessarsi a questioni come il debito pubblico sempre più insostenibile e la spesa pubblica crescente. E questo senbra un comune denominatore delle classi politiche, anche da noi.
Eppure tutti i loro disaccordi fondamentali, questi capi condividono un implicito e pericoloso pessimismo verso gli americani in generale: una bassa considerazione per la loro capacità di prendere decisioni importanti, sia personali che collettive. Nessuna delle due parti politiche sembra riconoscere il modo umiliante della loro prospettiva verso i concittadini, né come fatali siano le implicazioni per la loro democrazia se queste valutazioni negative sono corrette. Se l’idea di entrambi i lati è corretta, allora gli americani non sono adatti per l’auto-governo, e il successo nazionale – forse anche la sopravvivenza – dipende dalle scelte autoritare dettate dal pubblico bene per tutti quanti.
La leadership inizia sempre con onestà sulle sfide che l’impresa comune, lo Stato, deve affrontare per poterle superarle. Sono molti analisti americani a ritenere che si dovrebbe parlare con serietà del problema del debito pubblico americano, della sua gravità e delle fonti che lo generano, della stagnazione del reddito, della disuguaglianza e dei limiti del governo centrale nel gestire l’economia.
La vera leadership incorpora un certo grado di altruismo. Ma in questa società incredibilmente ricca, anche post-recessione, i più poveri degli americani sono più ricchi dei due terzi della popolazione mondiale. La leadership in genere richiede coraggio. Ma nelle odierne situazioni debitorie, in realtà, quale coraggio? La cosa peggiore che possa capitare, oggi come oggi, è che si perdano le elezioni.
Si è raccontato di Churchill che, “così implacabilmente nella sua visione di inglesi come eroi, ha trasformato i codardi in uomini coraggiosi, e così ha raggiunto lo scopo della scintillante armatura.” Se la classe dirigenti vuole trarre fuori il meglio dai cittadini, deve iniziare assumendo una migiore idea sui cittadini stessi. Ma questo, naturalmente, è un atto di fede. Forse gli americani di oggi rifiuteranno davvero il banale “sacrificio” e si rifiuteranno di autorizzare le modifiche necessarie per impedire che il debito pubblico si trasformi nelle cascate del Niagara. Chissà se si scoprirà che i cinici avevano ragione, dopo tutto. Ma è molto più probabile che gli americani sorprendano, e non per la prima volta, sul lato positivo del libro mastro. Warren Buffett ha detto che non ha senso scommettere contro l’America.
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