Mentre l’area Messico-Caraibi è completamente dipende dai Paesi avanzati e quindi più lentamente, il Brasile traina l’economia Sudamericana come leader di un distretto di economie esportatrici.
L’America latina, è una delle aree uscite con maggiore slancio dalla crisi globale degli ultimi anni diventando uno dei migliori paesi emergenti, attirando l’interesse di molti investitori internazionali, anche se procede in realtà a due velocità ben distinte. Dall’analisi degli economisti della Banca Interamericana di Sviluppo (IDB), si evince che la crescita è spaccata in due enormi aree, a seconda delle risorse dei diversi Paesi e della loro capacità di adattarsi all’economia globale emersa dalla crisi.
Lo scenario dell’economia mondiale continua a indicare che il grosso della crescita avrà come motore i Paesi emergenti, con uno spostamento della domanda globale ovvero che i prezzi delle materie prime restino alti e le condizioni finanziarie accomodanti, ovvero che gli interessi restino bassi. Si tratta di forti venti di coda che favoriscono le economie latinoamericane».
L’FMI, Fondo Monetario Internazionale, prevede che quest’anno l’America latina cresca del 4,7%, dopo un robusto 6,1 dell’anno scorso. I flussi netti di capitali privati sono tornati ai livelli record pre-crisi, e dovrebbero attestarsi attorno ai 215 miliardi di dollari sia per quest’anno che per il prossimo, secondo cifre dell’associazione globale delle grandi banche, dopo aver registrato un balzo del 53% l’anno scorso. La diversa uscita dalla crisi dei Paesi latinoamericani tuttavia dipende dalle caratteristiche strutturali: la prima area, che gravita attorno al Brasile, è formata in pratica dai Paesi dell’America meridionale più Trinidad e Tobago (distretto brasiliano), che sì compone di esportatori netti di materie prime, ha una maggiore proiezione verso le economie emergenti: la crescita media attesa nel 2010-2011, secondo 1′IDB, sfiora il 5 per cento. La seconda area, ovvero il “distretto messicano” invece raggruppa i Paesi dell’America centrale e dei Caraibi e si prevede che la sua espansione, nella media dei prossimi due anni, si fermerà al 2,7%.
Mentre l’area intorno al Brasile esporta il 19% verso i BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) ed il 32% verso gli altri mercati emergenti, l’area messicana non supera, rispettivamente, il 3 ed il 10%, risultando così molto più legata alle economie avanzate, che oggi segnano una crescita più modesta Un altro fattore di dipendenza è indicato dal maggior peso delle rimesse degli emigranti.
Il Pil messicano, nell’analisi dell’Idb, è oggi del 9% al di sotto della tendenza evidenziata prima della crisi globale, quello brasiliano è superiore dell’1 per cento%. «Le differenze nella velocità di crescita fra i due distretti dipendono dalle condizioni strutturali delle economie e non dalla qualità delle politiche macroeconomiche, che in tutto il sudamerica sono migliorate nettamente, fornendo una risposta decisa alla crisi finanziaria globale».
Secondo gli analisti dei mercati finanziari, l’industria di trasformazione brasiliana prevede il raggiungimento di un’espansione media del 14,6% della capacità produttiva entro la fine di quest’anno.
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