Alcuni analisti americani sostengono che l’impatto dell’accordo europeo impatterà notevolmente sul petrolio, e sostengono che dall’incontro di Bruxelles il greggio stava rispondendo alla probabile risoluzione. Ovvero il NYMEX West Texas Intermediate (WTI), sui prezzi di riferimento, era aumentato del 10 per cento.
Anche il Brent a Londra è salito, ma solo del 3 per cento nello stesso periodo. Il differenziale tra i due greggi è ora più stretto di quanto non lo sia stato per mesi, attestandosi a malapena sul 20 per cento del livello dei prezzi del NYMEX. Alcuni analisti sostengono che quando questa differenza inizia a calare, il WTI aumenterà mentre il Brent calerà. C’è una spiegazione semplice per questo. In un mercato che sta riflettendo la dinamica effettiva del petrolio, e non quella esterna legata ai debiti o alle guerre civili dell’Africa del Nord, il petrolio WTI dovrebbe avere un prezzo superiore a quello del Brent, come era la situazione tradizionale prima della metà di agosto del 2010. Questo perché il WTI è un greggio di qualità migliore.
L’accordo europeo porterà di nuovo all’aumento dell’euro rispetto al dollaro, almeno nel breve e medio termine. Dal momento che praticamente tutte le vendite di greggio, a livello internazionale, sono in dollari, ci vorranno più dollari per comprare la stessa quantità di petrolio. Ciò significa che il prezzo riprenderà a salire.
La domanda starebbe già crescendo a livello globale, anche se molto meno negli Stati Uniti e in Europa, ma questi mercati non costituiscono più le fonti primarie della domanda. E ci sarà un altro aumento di prezzo…
Infine, il prezzo del petrolio, sempre secondo questi analisti statunitensi, è stato controllato a causa delle preoccupazioni per un altro possibile sviluppo di recessione, o di stagnazione, negli Stati Uniti e in Europa, e per le preoccupazioni sulla disponibilità di credito.
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