Il tasso di disoccupazione a febbraio scende all’8,4%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 0,1 punti su base annua (la stessa diminuzione del tasso di disoccupazione inglese che è sceso dall’8% al 7,8%, il primo calo da cinque mesi).
Lo comunica l’Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie. L’Istituto spiega che il calo avviene in un contesto di ripresa dell’inattività. Il dato è inferiore alla media dell’Eurozona, dove nello stesso mese il tasso di disoccupazione si è attestato al 9,9% (dal 10% rilevato a gennaio).
Tra i dati sull’occupazione che ci consegna l’Istat è doveroso innanzitutto considerare quello più recente di febbraio, mese nel quale sale il numero degli occupati, scende la disoccupazione in generale e in particolare quella giovanile e femminile, così come diminuisce la cassa integrazione – spiega Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali – Anche i profeti di sventura devono ammettere che si manifesta un netto riverbero positivo della ripresa economica sull’occupazione. La disoccupazione all’8,4% rimane così significativamente più bassa rispetto alla media europea.
Il Centro-Nord ha un tasso di disoccupazione giovanile più basso, ma sta subendo maggiormente gli effetti della crisi occupazionale, e nel Mezzogiorno storicamente con tassi di disoccupazione giovanile anche doppi rispetto ad alcune regioni del Nord.
Rispetto alle classifiche degli altri paesi europei, solo quattro regioni italiane si posizionano al di sopra della metà classifica. Si salvano sono aree del Paese dove i giovani non hanno mai fatto fatica a trovare lavoro. Per incrociare la prima, il Trentino – Alto Adige, bisogna scorrere fino all’ottantesimo posto, poi troviamo la Liguria al 103° posto, il Veneto al 134° e la Toscana al 153°.
Ben sette regioni italiane si classificano dalla posizione 250 in giù. Si tratta di Marche, Sicilia, Piemonte, Lazio, Campania, Basilicata e Sardegna. Quest’ultima, al posto 309, è nella non invidiabile “bottom ten”, il gruppo delle dieci regioni più in basso nella classifica, che resta comunque di quasi totale appannaggio spagnolo (ben 7 regioni, tra cui la peggiore in assoluto, le Canarie). L’Italia a due velocità in media perde la gara nel confronto europeo, anche se qualche magra soddisfazione arriva dal confronto con le “rivali” francesi e spagnole.
Qualcuno spiega i dati sostenendo che per la cultura italiana, i giovani entrano tardi nel mercato del lavoro, qualcun altro con la diffusione del sommerso in alcune aree del paese.
Un sondaggio condotto da agenzie interinali ha chiesto, ad un campione di 97mila lavoratori internazionali di età compresa tra 18 e 65 anni, «quanto lontano saresti disposto a spostarti per trovare il tuo lavoro ideale?». Visto che si dice che gli italiani non vogliano allontanarsi da casa, l’89% dei 6mila intervistati italiani si è detto disposto a trasferirsi dalla propria città. Visto che non si trova lavoro nei dintornio di casa, si è disposti a cercarlo altrove. Anche se in molti vorrebbero successivamente tornare in Italia o riavvicinarsi alle zone di origine. Solo 11% del campione non si sposterebbe neanche per il posto di lavoro dei sogni, di cui un 7% di uomini e un 15% di donne. Poi il 56% cambierebbe sì città, ma per restare all’interno dei confini nazionali. L’11% sarebbe disposto ad espatriare, restando però in Europa, mentre il 22% viaggerebbe anche fino a un altro continente. Tra gli ostacoli principali a un’eventuale trasferta, il 71% degli intervistati indica i legami affettivi con famiglia e amici; il 9% le barriere linguistiche; l’8% i costi del trasloco e il 4% le differenze culturali.
Pure i laureati non se la passano meglio, visto che il tasso di disoccupazione è in crescita, sia per i laureati triennali (+2%) che per gli specialistici (+2,5%). Ma se ci sono maggiori occasioni e redditi maggiori fuori dall’Italia, coloro che restano vengono risucchiati spesso dal lavoro nero e si dilata la consistenza del lavoro atipico.
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