Inizia oggi la fase di ricapitalizzazione di Unicredit, che prevede la raccolta di 7,5 miliardi sul mercato, tramite l’emissione di oltre 3,8 miliardi di nuove azioni al prezzo cadauna di 1,943 euro. La negoziazione dei nuovi titoli avverrà fino alla data del 20 gennaio, mentre i diritti saranno negoziabili al 27 gennaio.
Il rapporto di conversione è stabilito in due nuove azioni per ognuna già posseduta dagli azionisti. Il prezzo iniziale dell’esercizio del diritto è di 1,36 euro. Questo porta lo sconto teorico sul Terp al 26%, sebbene alla data della comunicazione del prezzo, lo sconto ammontava al 43%.
La sua riduzione è dovuta al fatto che nelle ultime tre sedute il titolo Unicredit è letteralmente sprofondato a Piazza Affari, perdendo quasi il 40% del suo valore e scendendo sotto la quota dei 4 euro. Lo scorso venerdì, la chiusura è stata di 3,98 euro ad azione, contro i 6,33 euro della fine seduta del 3 gennaio.
Sono tante le incognite che pesano sull’operazione. Per prima cosa, la fiducia dell’azionariato attuale. Già il fondo americano di investimento, Blackblock, ha annunciato la scorsa settimana di avere ridotto la sua partecipazione dal 4,2% all’1,71%. Un segnale di presunta sfiducia verso Piazza Cordusio, che non giova al buon esito della ricapitalizzazione.
C’è poi il fatto che il 58,5% delle azioni Unicredit si trova nelle mani di investitori stranieri, al momento intimoriti dal rischio Paese. Infine, lo sconto applicato rende conveniente la vendita delle vecchie azioni e l’acquisto delle nuove.
Per questo, si teme che la fase calante in borsa del titolo possa continuare per almeno le prime sedute, così come per il prezzo del diritto di esercizio dell’opzione.
Già con Bpm abbiamo osservato un trend simile. Speriamo per Unicredit che non si arrivi, tuttavia, alle tragiche percentuali di quell’operazione di novembre.
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