Piazza Affari ha chiuso ieri la seduta con un calo del 4,5%, confermandosi maglia nera della giornata in Europa. A trascinare in ribasso il listino milanese sono stati i cali molto sostenuti delle banche. Unicredit, Banco Popolare, Bpm e MpS si sono distinti in negativo. La prima è scesa dell’8,29% a 4,25 euro, Banco Popolare del 6,89%, Bpm del 6,55% e Siena non è riuscita per diverso tempo a fare prezzo, salvo chiudere poi con un calo del 4,83% a 0,22 euro, riportandosi così ai livelli di chiusura del 2012 e pressappoco in linea con il target price dei maggiori analisti.
A determinare il crollo delle borse europee (bene solo Atene) ha certamente influito la diffusione del pessimo dato sull’occupazione in Spagna, con il 26% di persone in cerca di lavoro, per un esercito di 4,98 milioni di disoccupati, oltre 132 mila unità in più a gennaio su base annua (+2,7%).
Secondo alcuni quotidiani finanziari stranieri, poi, contribuirebbe al calo degli indici europei anche l’incertezza crescente sull’esito del voto in Italia di fine mese. Sia il Wall Street Journal che il Financial Times ritengono che il gap tra il centrosinistra e la coalizione guidata da Silvio Berlusconi si stia riducendo e sarà sempre più piccolo dopo la promessa di rimborso dell’IMU pagata nel 2012.
Se le urne dovessero confermare l’ipotesi del pareggio al Senato, per gli investitori stranieri sarebbe lo scenario meno gradito, perché implicherebbe una fase di ulteriore instabilità politica. O paradossalmente potrebbe avvantaggiare proprio gli investitori, i quali potrebbero beneficiare di un governo di unità nazionale o di larghe intese, magari a guida Monti o di altro tecnico. In ogni caso, le fibrillazioni sui mercati finanziari sono destinati a protrarsi fino alla data delle elezioni e già lo spread decennale BTp-Bund si è allargato a 285 punti base, in rialzo di una ventina di punti dalla seduta di venerdì scorso.