La Libia ha investito molto in Italia dal calcio alle automobili, dalle banche all’ aerospazio ed alle infrastrutture. Le partecipazioni della Libia in società italiane spaziano in molti settori a fronte dei grossi interessi che le imprese italiane hanno nel Paese nordafricano.
La prima volta che la Libia investì in Italia risale al 1976 quando, attraverso la Lafico (Libyan arab foreign investment), entrò nel capitale di Fiat con una quota iniziale del 9,7%. Attualmente le quote libiche nella Fiat sono sotto al 2% (la soglia per le partecipazioni rilevanti da segnalare alla Consob).
Di Unicredit la Libia controlla il 7,2%, quote acquistate nel settembre 2010 la salita dei libici nel capitale della banca, una mossa che ha contribuito tra l’altro al terremoto che ha portato all’addio di Alessandro Profumo al vertice della banca, reo di non avere comunicato la notizia al presidente e agli altri azionisti. In Unicredit, i fondi di Tripoli sono virtualmente primo azionista, con un 4,988% che fa capo alla Banca centrale libica e un altro 2,594% detenuto attraverso la Libyan investment authority; il numero uno dell’istituto centrale, Farhat Omar Bengdara, ricopre anche la carica di vicepresidente di Unicredit. Il collegamento tra i due enti libici, che insieme supererebbero il tetto del 5%, ma non è mai stato confermato.
L’attuale vice presidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, si è detto preoccupato “per i poveri ragazzi della Libia che stanno soffrendo. Questa è l’unica cosa che mi preoccupa. Il resto si aggiusta tutto”. Anche il presidente della Fondazione Crt (azionista di Unicredit con il 3,679%), Andrea Comba, si è detto “abbastanza preoccupato” per la questione libica. Certo qualche rischio per la partecipazione c’è, ma prima di prendere decisioni dobbiamo chiarirci le idee e poi si vedrà”.
Dalle banche all’industria, la finanza libica ha un ruolo da protagonista in Italia, con partecipazioni rilevanti in diverse società italiane.
La finanziaria Lafico possiede, ad esempio, il 14,8% della Retelit, società controllata da Telecom Italia attiva nel WiMax, il 7,5% della Juventus e il 21,7% della ditta Olcese.
La Libia è presente anche in Eni con una quota che dovrebbe aggirarsi attorno all’1%.
Tripoli, inoltre, attraverso il fondo sovrano Libyan Investment Authority, possiede una partecipazione attorno al 2,01%nel capitale di Finmeccanica.
Le autorità libiche hanno ufficializzato la volontà di entrare nel capitale di Eni e hanno espresso interesse per ingressi diretti in Telecom Italia, Impregilo, Terna e Generali. Questo può destare preoccupazioni andando a vedere il listino di piazza affari dove si possono notare Eni (-5%), penalizzata insieme a Impregilo (-6,17%) e Ansaldo Sts (-4,72%) dall’esposizione in Libia. Sotto pressione anche i bancari Unicredit (-5,70%), che vede Lia e la Banca Centrale libica nel libro soci, Bpm (-4,46%), Banco Popolare (-5%) e Intesa Sanpaolo (-4,90%). Giù pure FonSai (-5,49%), Mediobanca (-3,6%) e Fiat (-3,5%).
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