Unicredit è stata inserita tra le 29 banche sistemiche del pianeta, unica italiana e tra le 17 europee. E’ quanto risulta dal recente vertice del Financial Stability Board, presieduto per l’ultima volta dal governatore della BCE, Mario Draghi. L’inserimento nella cosiddetta lista Sifi rende orgoglioso l’ad di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, ma il risultato va valutato anche in tutte le sue altre sfaccettature, perchè essere definiti “banca di sistema” presuppone di essere considerati “too big to fail”, cioè “troppo grande per fallire“.
Per questo, verrà richiesto a Unicredit, così come a tutti gli altri istituti di credito della lista, di godere di requisiti patrimoniali più solidi, rispetto a quelli minimi richiesti a tutte le altre banche. E così, facendo riferimento ai criteri di Basilea 3, mentre le banche ordinarie necessiteranno di un capitale sugli attivi di almeno il 7%, alle banche della lista Sifi verrà richiesto un plus di capitale tra l’1% e il 3,5%.
Per quello che emergerebbe ufficiosamente, tuttavia, la richiesta di ulteriori capitali per Unicredit si fermerebbe alla parte bassa della forbice prevista, intorno all’1,5%, per un ammontare calcolato tra i 5 e i 7 miliardi di euro in più. E pare che nessun’altra banca sistemica avrebbe bisogno di una percentuale ai massimi della forchetta stabilita.
A conti fatti, dunque, lo sforzo per Unicredit sarebbe abbastanza contenuto e alla portata, visto che tale maggiorazione di capitali dovrebbe avvenire tra il 2016 e il 2019 e già l’Eba, ossia l’authority europea sulle banche, ha richiesto un plus di patrimonializzazione di circa 7,39 miliardi, al fine di raggiungere un Core Tier1 minimo del 9%.
Infine, la somma che Piazza Cordusio potrebbe necessitare per adempiere alle richieste di Eba e FSB sarebbe di 3 miliardi in meno, se fossero riconosciuti come capitali i bond emessi nel 2009, convertibili in azioni.
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