Soltanto due giorni fa, il cda di Unicredit varava il piano industriale valido fino al 2015, che dovrebbe trasformare Piazza Cordusio in una mera banca commerciale. Tra le misure che verranno attuate, ci saranno grossi tagli al personale, che sarà dimagrito di 5.200 unità in quattro anni, solo in Italia.
Il cda ha anche dato il via all’aumento di capitale di 7.500 miliardi, necessario per raggiungere un Core Tier1 minimo del 9%, sebbene il riconoscimento da parte di Bankitalia del bond Cashes da 3 miliardi, emesso nel 2009, come capitale per l’80%, ha di fatto abbassato il fabbisogno a meno di 5 miliardi.
Ma la pubblicazione dei dati trimestrali ha scatenato le vendite a Piazza Affari, visto che nel solo periodo compreso tra luglio e settembre, le perdite hanno ammontato a 10,6 miliardi di euro, contro un utile di 321 milioni dello stesso periodo del 2010.
A determinare questo profondo rosso di proporzioni gigantesche sono state soprattutto le svalutazioni delle partecipate e degli avviamenti per 8,5 miliardi, a cui si aggiungono, tra le altre cose, anche quelle dei bond governativi in portafoglio.
Il dividendo di quest’anno non sarà distribuito, mentre il pay out dovrebbe essere confermato sia l’anno prossimo, che negli esercizi successivi. L’obiettivo è di tornare all’utile e di raggiungere un target di 6,5 miliardi nel 2015.
Alla pubblicazione dei dati, il titolo Unicredit ha perso in borsa il 6%, dopo essere stato sospeso lunedì per eccesso di ribasso. Peggio ha fatto anche ieri, con un ulteriore tonfo del 7%.
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