L’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, a margine del convegno sul Rapporto Censis, presso la sede del Corriere della Sera, ha voluto comunicare il fatto che la ricapitalizzazione per 7,5 miliardi, richiesta dall’Eba e che la banca attuerà in misura maggiore alle stesse sollecitazioni delle autorità esterne, sarà reinvestita totalmente in Italia.
Nel nostro Paese, aggiunge Ghizzoni, per Unicredit ci sarebbero margini di crescita maggiori che negli altri stati. Una decisione, che segna una certa discontinuità con la linea fin qui perseguita, che mirava a una maggiore internazionalizzazione di Piazza Cordusio, specie guardando ad Est.
L’ad si è mostrato molto fiducioso sulla partecipazione dei soci storici all’aumento di capitale, cosa che egli avrebbe riscontrato in un suo recente viaggio negli USA, afferma.
C’è poi la questione del fondo libico, la cui quota del 7,5% nel capitale di Unicredit è stata congelata dal governo, in seguito all’inizio delle operazioni militari della Nato contro l’allora regime del Colonnello Gheddafi. Secondo il manager, non ci dovrebbero essere problemi legali nel consentire al fondo di esercitare i propri diritti. Gli aspetti della vicenda dovrebbero essere chiariti prima di Natale. Subito dopo le feste, infatti, già a partire dal 9 gennaio, è prevista la ricapitalizzazione.
E un altro azionista di Unicredit, la Fondazione Manodori, sarebbe orientato a partecipare all’aumento di capitale, anche se il consiglio provinciale reggiano è diviso tra la maggioranza del centro-sinistra contraria, perchè ritiene l’operazione molto onerosa, mentre l’opposizione di centro-destra considera pericoloso scendere al di sotto di un determinato peso.
Nelle scorse settimane, secondo il nuovo piano industriale varato dal cda, Unicredit sarà trasformata in pura banca commerciale, rinunciando alla sua qualità di istituto sistemico, riconosciuta dal Financial Stability Board.