E’ scontro sulla rivalutazione del patrimonio di Bankitalia tra il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il capogruppo alla Camera del PDL, Renato Brunetta, quest’ultimo anche responsabile per l’economia del partito. Il primo ha indicato in 5-7 miliardi la rivalutazione patrimoniale per Bankitalia, ancora oggi iscritta a bilancio per soli 156 mila euro. Brunetta ritiene, al contrario, che il valore minimo che potrebbe essere assegnato all’istituto di Via Nazionale sarebbe di 25 miliardi, moltiplicando per 10 l’utile di 2,5 miliardi del 2012 e tenendo presente che Bankitalia possiede un patrimonio stimato in 610 miliardi. Lo stesso ammette che non tutto il valore patrimoniale può essere considerato netto, ma che tra i 5-7 miliardi individuati dai tecnici di Saccomanni e i 610 miliardi ci sarebbe una grossa differenza.
La rivalutazione delle quote in Bankitalia non è affatto un problema teorico. Per questa via, il governo potrebbe reperire le risorse per finanziare alcune misure. Ad esempio, applicando un’aliquota del 16% in favore del Tesoro, azionista di Palazzo Koch, si avrebbero immediatamente a disposizione gli 1,6 miliardi necessari al taglio della seconda rata dell’IMU, liberando altre risorse.
Pochi giorni fa, anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, aveva individuato in 1,6 miliardi l’incasso per il Tesoro, applicando l’aliquota del 20% a una rivalutazione di 8 miliardi. Dalla rivalutazione di Bankitalia, tuttavia, se ne gioverebbero anche le banche azioniste, in quanto potrebbero iscrivere a bilancio un attivo che consentirebbe loro di affrontare con molta più tranquillità gli stress-test della BCE, annunciati per il 2014.
Lo scontro tra Brunetta e Saccomanni deriva anche dal fatto che la rivalutazione di Bankitalia rappresenta la misura centrale su cui il primo e il suo partito stanno basando una vera e propria contro-manovra, rispetto a quella varata dal governo.