La terza sezione del Tar del Lazio non ha ravvisato gli estremi di gravità ed urgenza per sospendere l’emissione dei cosiddetti Monti-bond da parte del Monte Paschi di Siena per 3,9 miliardi di euro. Respinta, quindi, la richiesta dell’associazione dei consumatori di Codacons, che avevano impugnato l’atto con cui la Banca d’Italia aveva acconsentito all’emissione degli strumenti finanziari da parte di Siena e che saranno a giorni sottoscritti dal Tesoro. Tuttavia, la decisione è solo rinviata al 20 febbraio, data in cui avverrà una decisione collegiale del Tar, mentre quella del 2 febbraio era frutto di un giudice monocratico.
Ma Bankitalia parte all’attacco e non si limita a difendere il suo ok ai Monti-bond, chiedendo alla Codacons il risarcimento danni per “lite temeraria”, ossia per avere pretestuosamente portato in tribunale Via Nazionale.
Secondo l’associazione, infatti, il provvedimento avrebbe dovuto essere impugnato, in quanto finalizzato a coprire con finanziamenti pubblici atti criminali di alcuni dirigenti dell’istituto senese.
In realtà, quasi certamente il governo procederà a giorni alla sottoscrizione, malgrado il clima politico sia più che burrascoso. I Monti-bond prevedono, in effetti, criteri più stringenti dei predecessori Tremonti-bond. Non solo la cedola è stata innalzata dall’8,5% al 9%, ma a partire dal 2015 essa salirà dello 0,5% annuo, fino al 15% massimo. In più, a partire dal 2014 non sarà più possibile per Siena compensare il mancato pagamento degli interessi con l’emissione di nuovi Monti-bond, bensì dovrà emettere nuove azioni al prezzo di mercato e per l’esatto controvalore non corrisposto al Tesoro.
In pratica, l’istituto rischia di essere parzialmente nazionalizzato, nel caso non fosse in grado di pagare gli interessi, sebbene esista un piano di rimborso di 3 miliardi entro il 2015, che passa anche per dolorosi tagli agli stipendi dei manager, nonché alle sponsorizzazioni.