Gli investimenti delle aziende italiane all’estero stanno crescendo, ma sono ancora pochi: secondo l’Unctad, l’agenzia delle Nazioni unite per il commercio e lo sviluppo, che ha registrato come essi tra 2000 e 2009 siano aumentati in modo considerevole, passando da 180 a ben 578 miliardi di dollari, che però sono a malapena un terzo di quelli delle grandi nazioni del vecchio continente, quali Germania, Francia e Gran Bretagna, risultando addirittura inferiori a quelli della Spagna.
<<Queste cifre dimostrano che quando c’è un supporto convinto del sistema paese e dei governi, i risultati in termini di export si vedono, eccome>>, sostiene Fabrizio Guelpa, il responsabile per i settori industria e banche del servizio studi di Intesa Sanpaolo, che nella sua analisi dei dati durante un convegno a Milano organizzato da Intesa-SanPaolo incentrato sulle possibilità del made in Italy nel mondo, ha messo a segno una stoccata nei confronti del sistema economico italiano. I risultati del nostro paese però lasciano anche spazio ai sorrisi, dal momento che lo stesso Guelpa ha sottolineato come << Tra il 2000 e il 2009 solo la Germania ha fatto meglio di noi guadagnando mezzo punto percentuale di export sul commercio mondiale. L’Italia ha perso solo lo 0,4% contro il 3,5% degli Usa, il 2,8% del Giappone, l’1,5% del Regno Unito e l’1,2% della Francia>>.
Il problema più importante è però chi riesce a investire oltre i confini: quasi solo le grandi aziende. Per le piccole e medie imprese i dati sottolineano le difficoltà, dovute anche ai costi che si devono sostenere per l’internazionalizzazione, non certamente un bene per una nazione come la nostra caratterizzata da una miriade di piccole imprese di eccellenza.
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