La notizia è di quelle che hanno sconvolto il mondo dell’economia italiana. Qualcuno potrebbe dire che la decisione era già stata presa da tempo e la si poteva annusare nell’aria, ma con l’ufficialità della decisione della Fiat di uscire da Confindustria a partire dal primo gennaio del prossimo anno, almeno l’attenzione del Paese sulle misure per la crescita promesse dal governo potrebbe diventare più pressante.
La decisione è stata annunciata dallo stesso Sergio Marchionne alla presidente dell’associazione degli industriali tramite una lettera e motivata essenzialmente con la disparità di trattamento delle aziende in Italia e nel resto del mondo: la Fiat «non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato».
L’Ad del Lingotto ci tiene però a precisare che le ragioni dell’uscita «non hanno nessun collegamento con i nostri futuri piani di investimento», sottolineando che ovviamente si atterrà alle regole per quanto riguarda «i rapporti con i nostri dipendenti e con le Organizzazioni sindacali, che saranno gestiti senza toccare alcun diritto dei lavoratori, nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come previsto dalle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco».
Infine, la Fiat sta «valutando la possibilità di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria e in particolare con l’Unione Industriale di Torino».
Dopo questa notizia bomba, l’annuncio del nuovo modello Jeep a Mirafiori e del nuovo motore Alfa Romeo ad Avellino passano in secondo piano.
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